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La nuova rischiosa offensiva del principe ereditario saudita

Il presidente russo Vladimir Putin e il principe saudita Mohammad bin Salman a Buenos Aires, Argentina, il 30 novembre 2018. (Ralf Hirschberger, Picture-Alliance/Dpa/Ap/LaPresse)

Da quando è apparso sulla scena saudita e mondiale, cinque anni fa, l’uomo forte dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman, soprannominato MbS, ha alternato un’immagine di modernità a una segnata dal tradizionalismo e dalla crudeltà. Ancora una volta il giovane principe, che aveva appena 29 anni quando è stato nominato erede al trono dal vecchio re Salman, si trova al centro di diverse vicende che evidenziano al contempo la sua audacia e i rischi che ha deciso di correre.

Una è interna alla monarchia wahabita e riguarda l’arresto di un fratello del re e di suo cugino, l’ex principe ereditario Mohammad bin Nayef. I due sono accusati di aver complottato per ostacolare l’ascesa al trono di MbS. La manovra ricorda quella messa in atto dallo stesso MbS quasi tre anni fa, quando aveva trasformato l’hotel Ritz di Riyad in una prigione dorata per decine di principi e sauditi facoltosi.

L’altra vicenda riguarda una guerra sul prezzo del petrolio che lo vede opposto alla Russia di Vladimir Putin, e in cui MbS sta spendendo grandi risorse. L’11 marzo il principe ha inondato il mercato di greggio saudita per far calare i prezzi e punire Mosca.

Imprese finite male
Bin Salman è un futuro re sempre in cerca di legittimità. Tutte le grandi iniziative che ha preso negli ultimi cinque anni sono finite male, dalla guerra in Yemen (che ha provocato una catastrofe umanitaria), al fallimentare tentativo di isolare il Qatar e alla sua incapacità di rispondere all’attacco con cui l’Iran ha colpito le strutture petrolifere saudite, nel 2019.

Inevitabilmente l’immagine di MbS sarà segnata per sempre dall’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, massacrato nel 2018 nei locali del consolato saudita di Istanbul. La Cia ha confermato le responsabilità del principe ereditario, ma Donald Trump ha deciso di salvare il suo “protetto”.

La gestione umorale del potere di MbS è tanto più fuori luogo se si pensa che l’Arabia Saudita quest’anno presiede il G20

Il principe ha ottenuto anche risultati positivi, accordando alle donne il diritto di guidare e favorendo un’apertura sociale nel paese, e continua a coltivare un grande progetto di trasformazione economica per il post-petrolio. Tuttavia questa facciata è oscurata dal suo modo di governare totalmente imprevedibile.

L’arresto di importanti esponenti della famiglia reale dimostra che la successione a Riyad non è affatto serena, anche se re Salman, secondo molti pesantemente indebolito, rimane finora fiducioso nei confronti del principe.

Mohammad bin Salman ha deciso ancora una volta di fare una scommessa rischiosa, soprattutto nel suo braccio di ferro petrolifero con la Russia, perché la vittima collaterale di questa guerra dei prezzi è l’industria del petrolio e del gas di scisto statunitense, e questo, prevedibilmente, rischia di far innervosire Donald Trump, alle prese con un anno elettorale.

Questa gestione umorale è tanto più fuori luogo se pensiamo che quest’anno l’Arabia Saudita ricopre la presidenza del G20, il “club” delle principali economie mondiali, il cui prossimo vertice si terrà a novembre a Riyad. Il G20, evidentemente, avrebbe bisogno di una guida esperta per navigare la tempesta globale del coronavirus, non di un giovane principe preoccupato soprattutto del suo posto sul trono.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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