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Il futuro dell’Unione di fronte alla divisione degli Stati Uniti

Sostenitori di Joe Biden e Kamala Harris a Berlino, 4 novembre 2020. (Joerg Carstensen, Picture-Alliance/Dpa/Ap/LaPresse)

Con l’avvicinarsi delle elezioni americane, quando tutti pensavano che Joe Biden avesse davanti a sé un’autostrada e che Donald Trump sarebbe stato solo un brutto ricordo, un dibattito ha silenziosamente attraversato l’Europa. In quel momento emergeva la tentazione di sperare nel ritorno di un’America solidale e protettrice, capace di far passare in secondo piano i discorsi sull’autonomia strategica dell’Europa.

I primi risultati delle elezioni oltreoceano hanno spazzato via questa idea. Da un lato Trump e il suo nazionalismo di America first hanno mostrato grande resistenza, mentre dall’altro Joe Biden è apparso meno solido del previsto. Anche se vincesse, il candidato democratico dovrebbe comunque guidare un paese spaccato in due, con un senato ostile e priorità evidentemente interne.

Questa incertezza statunitense ha riportato in auge il dibattito europeo sull’autonomia strategica, evidenziando il fatto che i rapporti transatlantici e la difesa dell’Europa e del suo ruolo in un mondo in rapido cambiamento non possono essere ostaggio ogni quattro anni di qualche migliaio di elettori del Wisconsin, tra l’altro del tutto disinteressati rispetto a queste problematiche. Con gli Stati Uniti ormai così profondamente divisi, il rischio è diventato troppo grande.

Modelli invecchiati
Una tribuna pubblicata alla vigilia del voto sul sito statunitense Politico dalla ministra della difesa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer ha incarnato alla perfezione la tendenza verso il riavvicinamento. Il testo, evidentemente, è stato scritto nella prospettiva di una vittoria di Biden.

Akk, com’è soprannominata la politica tedesca che un tempo era stata indicata come erede di Angela Merkel, ha intitolato la sua tribuna: “L’Europa ha ancora bisogno dell’America”, sottolineando che “le illusioni a proposito dell’autonomia strategica europea devono essere accantonate. Gli europei non saranno mai capaci di sostituire il ruolo cruciale degli Stati Uniti come garanzia di sicurezza”.

Il risultato incerto negli Stati Uniti mette gli europei di fronte alle loro responsabilità

Il documento ha suscitato accese reazioni, anche perché smentisce una proposta che non è mai stata sul tavolo – nessuno chiede realmente di “sostituire” gli Stati Uniti – e mostra che i vecchi riflessi acquisiti sotto l’ombrello americano sono duri a morire. Opinioni diverse sono state espresse anche all’interno della Cdu, il partito di Merkel, per smorzare o contraddire la ministra.

Questo dibattito, come è logico, è particolarmente vivo in Germania, il paese europeo che ha sofferto di più la presidenza Trump a causa dell’antipatia tra il presidente e la cancelliera, della minaccia costante di una guerra commerciale e delle decisioni improvvise e impreviste, come il recente annuncio unilaterale del ritiro di parte delle truppe americane di stanza in Germania.

A Berlino, insomma, una parte della classe politica vorrebbe un ritorno al mondo del passato, potenzialmente incarnato da Biden.

Ma si tratta di un’illusione, prima di tutto perché gli Stati Uniti sono cambiati e non sono più disposti a mantenere la loro vecchia posizione a livello internazionale, e in secondo luogo perché l’Europa non può ridurre le sue ambizioni al ruolo di partner “minore” in un’alleanza in cui il “padrone” non è più motivato.

Il risultato incerto delle elezioni crea quanto meno un vantaggio, perché mette gli europei davanti alle loro responsabilità. Una lezione che resterà valida a prescindere dal nome del prossimo presidente degli Stati Uniti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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