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I regimi autoritari approfittano della crisi di Washington

Mike Lam King-nam, un attivista democratico, viene rilasciato su cauzione nella stazione di polizia Ma On Shan di Hong Kong, 7 gennaio 2021. (Anthony Wallace, Afp)

Mentre il mondo intero aveva gli occhi puntati sugli Stati Uniti, un migliaio di poliziotti a Hong Kong arrestava 53 esponenti del movimento democratico locale, ex deputati e attivisti della società civile, in base alla nuova legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino, che prevede il carcere a vita.

Quest’ultimo colpo assestato a ciò che resta della libertà politica nel territorio teoricamente autonomo ha suscitato diverse condanne nel mondo occidentale. Ma ce n’è una che ha perso di credibilità: quella di Mike Pompeo, capo della diplomazia di Donald Trump.

Inevitabilmente la crisi della democrazia americana scatenata dal presidente uscente ha provocato derisione e sarcasmo nelle capitali a cui gli Stati Uniti rimproverano costantemente il mancato rispetto della democrazia. La Cina in primo luogo, ma anche l’Iran, la Russia, la Turchia o il Venezuela: tutti paesi in cui le immagini dell’assalto al congresso sono state accolte con soddisfazione.

Propaganda al contrattacco
Questa ironia è sicuramente semplicistica, ma è anche molto utile, soprattutto quando argomenti di propaganda vengono serviti su un piatto d’argento.

Prendiamo l’esempio di Hong Kong: il governo cinese non ha perso tempo prima di ricordare che diciotto mesi fa il parlamento locale era stato invaso e saccheggiato da manifestanti… sostenuti da Washington.

Evidentemente in un caso i manifestanti chiedevano più democrazia, mentre nell’altro volevano fermare un processo democratico. Tuttavia il paragone ha permesso a Pechino di parlare di due pesi e due misure da parte di Washington e di screditare gli Stati Uniti.

A quanto pare Biden dovrà ristabilire la fiducia democratica in casa propria prima che altrove

Questo stratagemma è particolarmente utile in un contesto segnato dalla guerra fredda sinoamericana, sempre più intensa, e in cui Pechino vanta il suo modello basato su un unico partito, insieme alla sua gestione della pandemia e al suo ritorno alla crescita economica, mentre l’occidente democratico continua a combattere con il virus e le sue conseguenze.

L’avvento di Joe Biden non cambierà immediatamente la situazione. Il nuovo presidente erediterà un paese spaccato e traumatizzato dagli ultimi eventi, con una parte della popolazione convinta che le elezioni siano state un furto. “Il mondo ci osserva”, ha esclamato il 7 gennaio il presidente eletto, mentre sostenitori di Trump assalivano il congresso.

La vicenda è tanto più grave se consideriamo che Biden aveva fatto della difesa della democrazia uno degli assi della sua diplomazia futura, con la convocazione di un vertice della democrazia nei prossimi mesi. A quanto pare Biden dovrà prima ristabilire la fiducia democratica in casa propria.

Questo indebolimento della posizione degli Stati Uniti, non nuovo ma sicuramente aggravato negli ultimi tempi, lascia senza difese tutti quelli che, come i democratici di Hong Kong, speravano in un sostegno da parte dell’occidente. L’Europa cerca di farsi sentire, ma dopo aver firmato alla fine di dicembre un contestato accordo sugli investimenti con Pechino, non ha più la credibilità necessaria.

Tutto questo ci ricorda che per dare l’esempio bisogna essere esemplari. Oggi l’assenza di esemplarità delle democrazie liberali fa il gioco degli autocrati di ogni genere.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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