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Alexej Navalnyj è in pericolo di vita ma Putin sfida l’occidente

L’entrata della colonia penale dove è detenuto Alexej Navalnyj a Pokrov, Russia, 1 marzo 2021. (Dimitar Dilkoff, Afp)

Per la seconda volta nell’arco di pochi mesi la salute di Alexej Navalnyj, l’oppositore numero uno di Vladimir Putin, è al centro di tensioni internazionali. Dagli Stati Uniti all’Europa, i paesi occidentali mettono in guardia Mosca sulle conseguenze che potrebbe avere l’eventuale morte di Navalnyj all’interno del penitenziario in cui si trova.

L’oppositore aveva già rischiato di morire l’estate scorsa dopo essere stato vittima di un avvelenamento in Russia. Curato in Germania, aveva scelto di rientrare a Mosca, dove era stato immediatamente arrestato. A febbraio è arrivata la sentenza: due anni e otto mesi di prigione.

Navalnyj sta scontando la sua condanna nella colonia penale numero 2 di Pokrov, a cento chilometri da Mosca, in condizioni che in un messaggio clandestino ha descritto come “orwelliane”. Dall’inizio di aprile il detenuto ha cominciato uno sciopero della fame per avere il diritto di consultare un medico di sua fiducia, che finora gli è stato rifiutato. Due settimane dopo, gli amici e una lettera firmata da un migliaio di personalità di tutto il mondo hanno lanciato l’allarme: Navalnyj rischia di morire.

Vicenda politica e diplomatica
In mancanza di informazioni indipendenti, abbiamo due versioni della situazione. Il suo medico personale ritiene che il prigioniero, che ha 44 anni, potrebbe avere un arresto cardiaco in qualsiasi momento, mentre un altro medico russo che l’ha curato in passato afferma che in mancanza di cure morirà nei prossimi giorni.

L’ambasciatore russo a Londra è stato inviato sul fronte dei mezzi di comunicazione per contrastare queste tesi. Il governo “non lascerà che Navalnyj muoia in prigione”, ha dichiarato, accusando l’oppositore di volere soltanto “attirare l’attenzione”.

Per ora si tratta di una guerra di parole, anche se Macron ha chiesto di definire linee rosse chiare con Mosca

Comunque vada a finire, la vicenda è ormai politica e diplomatica. Non sorprende, considerando il contesto già segnato da forti tensioni tra Mosca e gli occidentali, dal conflitto ucraino all’espulsione dagli Stati Uniti e dalla Repubblica Ceca dei diplomatici russi accusati di spionaggio, la settimana scorsa e nel fine settimana.

Per il momento si tratta di una guerra di parole. Ieri Jake Sullivan, consulente per la sicurezza nazionale di Joe Biden, ha garantito che la morte di Navalnyj non sarebbe “senza conseguenze”. Stessi toni in Europa, dove i ministri degli esteri dei 27 affronteranno l’argomento il 19 aprile a Bruxelles.

La vicenda di Navalnyj si aggiunge al deterioramento generale dei rapporti tra la Russia e l’occidente. Perfino il presidente francese Emmanuel Macron, che due anni fa aveva tentato un riavvicinamento a Putin, ha dichiarato il 18 aprile all’emittente televisiva statunitense Cbs che bisogna definire “linee rosse chiare” con Mosca, riaffermando che le sanzioni sono legittime dopo un comportamento inaccettabile.

Al momento è poco probabile che Putin faccia un passo indietro, soprattutto considerando che gli alleati di Navalnyj hanno lanciato un invito a manifestare il 21 aprile, giorno in cui il presidente terrà un discorso televisivo. Il rischio è che Putin, anziché tentare di disinnescare la crisi, voglia trasformarla in una dimostrazione della sua forza, l’ennesima. Navalnyj viene trattato come i dissidenti dell’epoca sovietica. È un nuovo segno della regressione politica.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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