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In Siria la Russia vuole usare gli aiuti umanitari per sostenere Assad

Al Hasakah, nel nordest della Siria, 8 luglio 2021. Una donna trasporta un contenitore di acqua fornito dall’Unicef, dopo l’interruzione dell’acqua corrente nella zona. (Delil Souleiman, Afp)

La Siria è sparita dai nostri radar, eppure milioni di uomini, donne e bambini continuano a subire le conseguenze di una guerra crudele, non ancora finita e senza una soluzione politica. Secondo Amnesty international si tratta della “peggiore crisi umanitaria dei nostri tempi”.

La sorte di questa popolazione, vittima principale di un conflitto ormai vecchio di oltre dieci anni, dipende dalle trattative che si svolgeranno nelle prossime ore alle Nazioni Unite. In gioco c’è la possibilità che gli aiuti umanitari, compresi i vaccini contro il covid-19, arrivino senza ostacoli alle persone che ne hanno bisogno in Siria. Gli aiuti, a questo punto, rischiano seriamente di non arrivare.

Nel 2014 la risoluzione 2165 del Consiglio di sicurezza aveva autorizzato le agenzie dell’Onu e i loro partner a consegnare aiuti umanitari in Siria attraverso quattro corridoi protetti; nel 2020 l’autorizzazione era stata limitata a un solo punto di passaggio. Quest’anno la Russia minaccia di opporsi al rinnovo annuale, previsto per il 10 luglio. Le ong lanciano l’allarme.

La Russia è la protettrice del regime di Bashar al Assad, e ha giocato un ruolo determinante nel garantirne la sopravvivenza all’apice della guerra civile. A maggio Damasco ha organizzato un simulacro di elezioni per ridare legittimità ad Assad.

Oggi Mosca passa alla fase successiva, tentando di forzare l’affidamento della gestione degli aiuti umanitari al governo siriano, anche se la risoluzione 2165 non lo prevedeva. In questo modo la Russia cerca di imporre un fatto compiuto.

Il regime siriano ha affamato la popolazione durante l’assedio di città ribelli come Aleppo

In un articolo pubblicato l’8 luglio da Le Monde, due medici impegnati da anni nell’assistenza alla popolazione siriana, il siriano Ziad Alissa e il francese Raphael Pitti, hanno lanciato un grido d’allarme: “Come ong sanitaria, riteniamo che le conseguenze della chiusura dell’ultimo corridoio umanitario sarebbero terribili”.

I due medici ricordano che il regime di Damasco ha usato l’arma della fame durante gli assedi di diverse città ribelli, tra cui Aleppo. Una parte della popolazione di queste città oggi si è trasferita nell’enclave di Idlib, nel nordest della Siria, una zona fondamentale per l’arrivo e la redistribuzione degli aiuti.

“Come potrebbero queste popolazioni fidarsi delle stesse persone che le hanno bombardate, torturate e affamate fino a poco tempo fa? Questa alternativa non è accettabile, è la nostra linea rossa. L’indipendenza e la neutralità delle organizzazioni umanitarie non sono negoziabili”.

I medici chiedono alla Francia, membro permanente del Consiglio di sicurezza, di difendere il corridoio umanitario. Il presidente Emmanuel Macron avrebbe già affrontato il tema durante il suo recente incontro in videoconferenza con Vladimir Putin.

In ogni caso, per riprendere le parole di Amnesty international, è già vergognoso che Mosca usi il destino di milioni di persone per far avanzare le sue pedine in questo paese disastrato. L’unica speranza è che alla fine la Russia si convinca a rinunciare al suo diritto di veto.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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