L’Europa sotto pressione per una serie di scelte cruciali
Le dichiarazioni recenti dei leader europei dimostrano fino a che punto il continente sia sotto pressione in diversi ambiti cruciali. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha fatto presente che se al Consiglio europeo del 18 dicembre non si arriverà a una decisione sull’uso dei beni russi per sostenere l’Ucraina, “la libertà d’azione dell’Unione europea per i prossimi anni sarà gravemente danneggiata”.
I 27 sono divisi sugli oltre duecento miliardi di dollari di denaro russo “congelati” in Belgio. Il presidente francese Emmanuel Macron ha invece sottolineato, in un articolo pubblicato sul Financial Times, che il surplus commerciale storico della Cina nei suoi scambi con l’Europa e il mondo “non è sostenibile”. “Proseguire su questa strada significa rischiare un conflitto commerciale molto pericoloso”, ha aggiunto Macron, proponendo alcune soluzioni in vista del vertice del 18 dicembre.
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Infine, il commissario europeo al commercio Maroš Šefčovič ha dichiarato che l’Unione “perderebbe la faccia” se in settimana non firma il trattato con il Mercosur. Secondo Šefčovič in ballo ci sono la credibilità e l’affidabilità dell’Europa. Anche in questo caso il Consiglio europeo sarà decisivo (con l’opposizione della Francia).
Su tutti questi temi l’Europa è divisa. I momenti decisivi, d’altronde, tendono a far emergere gli interessi divergenti. In passato l’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors aveva definito l’Unione europea come “una macchina per produrre compromessi”, ma bisogna riconoscere che in alcuni momenti mettere in moto questa macchina risulta molto più difficile che in altri, soprattutto quando le decisioni sono prese in un contesto internazionale caratterizzato dagli stravolgimenti e in cui l’amministrazione Trump ha un atteggiamento ormai ostile nei confronti dell’Europa, illustrato senza mezzi termini nell’ultimo documento sulla strategia di sicurezza nazionale.
A tutto questo potrei aggiungere la raffica di dichiarazioni del presidente del Consiglio europeo António Costa, che ha respinto “qualsiasi tentativo di ingerenza politica” negli affari europei. I leader degli stati dell’Unione sono stati più discreti, per non compromettere i loro rapporti con Trump.
In ogni caso bisogna ammettere che questo insieme di crisi nasce dalla debolezza dell’Unione, che oggi paga il prezzo di dipendenze varie, ricercate o subite: dagli Stati Uniti per quanto riguarda la sicurezza e dalla Cina per la produzione a basso costo (a discapito dell’industria europea). Il risveglio doloroso dell’Europa unita è troppo lento per reggere il passo della fine della globalizzazione e dell’avvento di nuove minacce.
Nella redistribuzione di carte in corso nel mondo, l’Europa rischia di restare indietro e di essere addirittura asservita nel risveglio degli imperi (statunitense, russo, cinese…). L’Europa e il suo modello sociale sono ostacolati dai giganti passati all’offensiva, oltre a essere minati dall’interno.
Per tutti questi motivi, le prossime mosse dei 27 saranno un importante test della capacità di prendere decisioni collettive che possano permettere all’Europa di continuare ad avere un peso rilevante nel mondo. In caso contrario, per riprendere l’eufemismo del cancelliere tedesco, “la libertà d’azione dell’Unione europea sarà gravemente danneggiata”. La speranza è che il 18 dicembre la macchina per produrre compromessi di cui parlava Delors torni a funzionare.
(Traduzione di Andrea Sparacino)