25 marzo 2016 18:57

Negli Stati Uniti era abituale per le buone famiglie riunirsi a seguire in televisione i dibattiti delle elezioni presidenziali: un’occasione per educare i figli a cogliere, al di là dell’asprezza dei confronti, il senso della diversità di idee politiche come essenza della vita democratica. E nelle scuole gli insegnanti facevano la loro parte con la stessa finalità.

Ora però genitori e insegnanti si trovano in difficoltà. Donald Trump, immobiliarista e imprenditore televisivo di successo, cavaliere dell’Ordine della luce della repubblica di Georgia, ha introdotto nei dibattiti elettorali elementi difficili da gestire in una prospettiva educativa.

Nel New York Times (10 marzo) una giornalista ha raccolto le opinioni dei favorevoli a Trump: ammettono che ci sono violenze verbali e minacce non usuali, ma invitano a badare alla bontà sostanziale delle proposte trumpiane.

I non favorevoli vanno all’attacco anche di queste: generiche, truculente. Ma soprattutto genitori e insegnanti lamentano le diseducative violenze e sconcezze verbali. Trump insulta l’avversario, lo sbeffeggia per la sua origine nazionale o etnica, per i suoi vestiti o per il fisico, minaccia chi lo interroga, porta alla ribalta parole grevi, “farsela sotto”, “bagnarsi i pantaloni”, “io ce l’ho più grosso del tuo”, “farsi una sega”.

Se poi c’è un’interlocutrice Trump la assale a suon di mestruazioni e assorbenti. Bisogna ammetterlo: perfino i nostri Bossi, Berlusconi e Salvini e il Vaffanculo day di Grillo escono battuti dal confronto.

Questa rubrica è stata pubblicata il 18 marzo 2016 a pagina 100 di Internazionale, con il titolo “Donald Trump educatore”. Compra questo numero | Abbonati

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