29 settembre 2012 20:06

Ancora una volta, la corrida ha schivato la carica della giustizia francese. Il 21 settembre la corte costituzionale ha respinto un nuovo ricorso di varie associazioni animaliste che chiedevano il divieto totale della pratica taurina sul territorio francese. In nome di una “tradizione locale ininterrotta”, i saggi della corte hanno autorizzato varie città del sud della Francia a continuare a tenere aperte le arene, in deroga alla legge che reprime gli atti di crudeltà verso gli animali.

L’opinione pubblica francese è divisa sull’argomento (48 per cento per l’abolizione, 42 per l’autorizzazione) e lo sono anch’io. Non sono mai andato a uno spettacolo di tauromachia e non ne sento il bisogno. Respingo l’idea di trovare piacere nella sofferenza e nell’atto ultimo della morte dell’animale, anche se non riduco tutta la corrida a un semplice spettacolo di tortura.

Non si può negare, come ha ricordato il Conseil constitutionnel, che la corrida è anche l’espressione di una tradizione. E non si può nemmeno scartare l’idea che la corrida riproduca la lotta ancestrale e arcaica dell’uomo contro l’animale o addirittura dell’uomo contro la sua parte animale.

La corrida evoca figure mitiche (dal Minotauro ai sacrifici religiosi dell’antichità) ed è stato spunto di creazioni culturali universali, sia dal punto di vista artistico sia letterario. Per questo non si può deciderne la cancellazione senza una riflessione approfondita. Soprattutto, la corrida pone la questione del filo sottile tra la condanna e il divieto.

In un certo senso, ci interroga sulla distinzione tra avversario e nemico, concetto che, malgrado l’insegnamento delle tragedie del novecento, continua a mancare in alcune famiglie politiche, anche a sinistra. Riconoscere agli

aficionados il diritto di assistere alle corrida è anche accettare il pensiero e il gusto altrui, l’opinione dell’altro.

Non vuol dire assecondarlo, facilitarlo oppure considerarlo innocuo, in un relativismo esasperato. Ma nel limite della tutela della mia opinione e dell’espressione delle mie scelte e delle mie libertà (a cominciare da quella di non andare nelle arene), ogni visione del mondo altrui deve trovare spazio.

Nella (mia) speranza che la corrida scompaia nel sud della Francia e in Spagna così come, nel corso dei secoli, la tauromachia è scomparsa, senza leggi né divieti, al nord della Loira.

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