Luca Ravenna. (Andrea Ventura per Internazionale)

Siamo veramente noi stessi solo quando ridiamo tanto, diceva l’attore statunitense George Carlin. Forse lo pensa anche il comico Luca Ravenna, uno che si definisce “ossessionato” dalle risate fin da bambino, quando a tavola faceva l’imitazione di suo padre, che si arrabbiava e gli chiedeva di smetterla di “fare il gasato”.

Luca Ravenna, milanese trapiantato a Roma dal 2006, è uno dei più bravi, se non il più bravo, a fare stand up comedy in Italia. Il suo tono confidenziale, a volte sboccato, a tratti sembra quello di uno che scherza con gli amici. Ma ascoltandolo attentamente, si capisce che la sua scrittura è molto più raffinata di quello che sembra. Certi passaggi ti fanno ridere di pancia, altri sono puro surrealismo. E il pubblico è costantemente coinvolto, sfidato, diventa parte integrante dello spettacolo. È difficile capire quando improvvisa e quando ha preparato il monologo nei minimi dettagli.

Oltre a salire sul palco, Ravenna conduce due podcast molto popolari: Cachemire, creato insieme a un altro comico, Edoardo Ferrario, in cui esplora temi di attualità e intervista persone del mondo dello spettacolo, e Taq. Tutti allenatori qui, in cui insieme a Daniele Tinti analizza la settimana sportiva in 45 minuti. E poi molti lo conoscono perché nel 2021 è stato uno dei concorrenti della prima stagione di LOL.

C’incontriamo a Roma di fronte all’Angolo cottura, una trattoria in via Dulceri, una strada che dal quartiere Pigneto arriva fino a Torpignattara. Ravenna scende dal motorino con il cappello di lana e gli occhiali da sole. “Ti scoccia se fumo una sigaretta prima di entrare?”, dice, prima di tirare fuori le cartine e il tabacco. Mi chiede quasi subito: “Di dove sei?”. Forse gli viene quasi automatico farlo quando incontra una persona per la prima volta. Succede spesso anche durante i suoi spettacoli: per coinvolgere gli spettatori chiede alle persone nelle prime file da dove vengono e che lavoro fanno.

Quando gli chiedo come si trova a Roma, risponde quasi di getto: “Ogni venti minuti penso che vorrei scappare da questa città, soprattutto mentre sono in motorino in mezzo al traffico. Ogni ora invece penso che tutto sommato mi piace, che non potrei fare il mio lavoro da nessun’altra parte. Sono di Milano, ma mi considero un comico della scuola romana. Oggi la capitale è la città più importante per la stand up comedy in Italia, quella con i comici più bravi e il pubblico più difficile da conquistare. A Milano però viene a vederti più gente e ti pagano di più”.

Piccoli locali

Entriamo all’Angolo cottura e Ravenna si toglie il cappello, mostrando i capelli castani arruffati. Ci sediamo e ordiniamo. Gli chiedo dei suoi esordi. “Ho fatto le mie prime date nel 2014. Prima facevo l’autore (negli anni ha lavorato con i The Pills, ma anche per programmi della Rai come Quelli che il calcio, ndr). Solo che in quel periodo a Roma non c’erano serate open mic, come si chiamano in gergo quelle in cui ognuno può salire sul palco ed esibirsi. Le facevano solo all’Oppio Caffè, un locale vicino al Colosseo, e le organizzavano tre comici: Saverio Raimondo, Francesco De Carlo e Edoardo Ferrario. Una sera, proprio parlando con De Carlo, lui mi ha detto: ‘sali sul palco anche tu’”.

Poi dal 2015 le cose sono cambiate: “Anche nelle altre città hanno cominciato a esserci degli spettacoli di stand up comedy. Nel 2018 ho fatto il mio primo tour in giro per l’Italia, ed è andato bene. La cosa che ha davvero cambiato il destino della stand up comedy nel nostro paese in realtà è stato YouTube: per noi comici, che vedevamo i video di quelli statunitensi e potevamo trovare delle fonti d’ispirazione, e per il pubblico, che ci scopriva”.

Mentre mangia un piatto di rigatoni con la pajata, Ravenna spiega: “L’ultimo tour è andato molto bene: ho fatto trentamila spettatori in Italia e duemila in sette date all’estero. Di solito quando nella sala ci sono dalle cinquanta persone in su mi viene sempre un po’ di ansietta, ma se il testo è rodato di solito non ho brutte sorprese. Sono contento di come stanno andando le cose, ma mi mancano le serate di prova con poche persone. Ogni tanto le faccio ancora, chiamo io direttamente i gestori dei locali e mi faccio invitare. I teatri e i piccoli locali sono due realtà fondamentali: una è un punto d’arrivo, ma dell’altra non ne puoi fare a meno”.

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Finito il primo, ci portano le verdure di contorno. La sala è piena e ogni tanto bisogna alzare un po’ la voce per capirsi bene. Gli chiedo quali sono i suoi comici preferiti: “Sicuramente Louis C.K., il più grande narratore comico statunitense degli ultimi dieci anni. È il migliore dai tempi di Woody Allen. È evidente che dal punto di vista personale abbia dei grossi problemi, ma il modo in cui ne è uscito dal punto di vista artistico mi ha impressionato. Un altro comico che mi ha influenzato è mio padre: lui è un estremista della risata, per una buona battuta rovinerebbe un’amicizia, o perfino il rapporto con i suoi figli. Anche la mia compagna, con il suo cinismo, è una fonte d’ispirazione. L’invidia per i miei colleghi invece è un motore sincero per migliorarsi. Quando vado a vedere uno spettacolo di Valerio Lundini rosico per quanto è bravo e preparato. Anche Stefano Rapone, con il quale spesso condivido il palco, è bravissimo, così come Edoardo Ferrario e Daniele Tinti”.

E di Checco Zalone, che sta riempiendo i teatri di tutta Italia con lo spettacolo Amore + Iva, cosa ne pensa? “Un fuoriclasse. È la maschera comica del cinema italiano più forte dai tempi di Fantozzi. Anche Nanni Moretti era notevole, ma era molto più autoriale, di nicchia. Zalone funziona perché è come Sasha Baron Coen ai tempi di Ali G”.

Algoritmi e scrittura

L’ossessione di Luca Ravenna per le risate, una cosa probabilmente naturale per chi fa il suo lavoro, è un tema ricorrente dei suoi discorsi. “In realtà il momento che preferisco durante gli spettacoli è il momento prima delle risate, quello in cui c’è un silenzio quasi totale. È la fase che mi godo di più. In generale, penso che essere pagati per generare la stupidera negli altri sia una cosa bellissima, che ti spinge a scavare dentro le tue emozioni, ma in un certo senso ti ammazza. Io per esempio ormai fuori dal palco non rido più, non ci riesco”.

“Volete il caffè?”, dice il cameriere mentre porta via i piatti. Ravenna ne ordina uno. Gli chiedo quali limiti si dà prima di salire sul palco, se ha mai pensato di aver offeso qualcuno con le sue battute. E lui risponde rivendicando la libertà linguistica assoluta, anche a costo di far arrabbiare qualcuno: “Il contesto fa sempre la differenza. E oggi spesso, quando uno spezzone di quello che dici diventa un video che gira su internet, il contesto scompare. Durante uno spettacolo si può e si deve parlare di tutto, si possono e si devono dire tutte le parole più oscene e offensive possibili. A me non interessa fare appelli all’uguaglianza. Il mio lavoro è scherzare sul perché non siamo tutti uguali per far riflettere le persone su cosa non va nella società. La cosa più sbagliata del mondo è vietare a un comico di dire qualcosa. Detesto il fatto che alcune persone possano venire a vedere un mio spettacolo con il fucile puntato, aspettando di poter dire: ‘Eh no, questo non si può dire’. Detto questo, il linguaggio si evolve e quindi è giusto adeguarsi. L’importante è pensare sempre come parleresti se avessi davanti la persona su cui sta facendo una battuta”.

Mentre ci prepariamo per uscire, gli domando cosa ne pensa del mercato dei podcast in Italia. “È un settore poco redditizio al momento, ma ci si diverte un sacco. Stanno uscendo molte cose notevoli. Per esempio sono un grande fan di Indagini di Stefano Nazzi, l’abbiamo anche invitato a Cachemire. Sai qual è una cosa figa dei podcast? Che gli algoritmi non influenzano ancora la scrittura. Le piattaforme invece sono condizionate da questa cosa in modo imbarazzante. L’anno scorso ho fatto uno speciale con una piattaforma e devo dire che non è stato divertente: c’era uno con il fucile puntato che appena finito lo show ci chiedeva cosa tagliare e cosa no”. E nei prossimi mesi cosa farà? “Sto preparando un nuovo tour nei teatri per l’autunno. Dobbiamo finire la stagione del podcast, e poi sto pensando a scrivere un film”.

Usciamo dal ristorante e lo accompagno al motorino. Lui si gira l’ultima sigaretta prima di andare via. E la stand up comedy? Che futuro avrà in Italia? “La stand up comedy merita di più. Le spetta più spazio, soprattutto in televisione e sui servizi di streaming. Ma il futuro è roseo. In generale mi sembra che dopo il covid la comicità sia tornata al centro delle chiacchiere delle persone. Lo prova anche l’esibizione di Angelo Duro a Sanremo. E poi questo governo di destra ci aiuterà moltissimo, sia da censore sia da fonte d’ispirazione”.◆

Il conto

L’angolo cottura
Via Dulceri 90, Roma

1 rigatoni con la pajata €9
1 casarecce con pesto di misticanza €8
1 broccoletti ripassati €5
1 verza €5
1 acqua naturale €2
1 caffé €1

Totale €31,00


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