04 ottobre 2015 10:53

Al Teatro Comunale di Ferrara, il Festival di Internazionale ha ospitato un dialogo molto riflessivo sul problema dell’immigrazione in Australia. La situazione dal 2013 non è per niente positiva. La nuova versione della Pacific Solution prevede il respingimento dei profughi in arrivo sulle coste australiane, tramite l’intervento di forze dell’ordine. Essi restano per mesi o anni in attesa di sapere se le loro richieste di asilo possono essere accettate o, alternativamente, se possono rientrare al loro paese. Ma c’è di più: le condizioni dei luoghi di deportazione dei rifugiati senza permesso regolare sono pietose, vengono maltrattati e ci sono stati casi di violenze sessuali anche su minori.

Ben Doherty, reporter di The Guardian, ha spiegato come il problema legato all’immigrazione sia sempre appartenuto al territorio australiano. Infatti nel corso del 1900 l’Australia ha subito varie ondate di immigrazioni, dai Cambogiani negli anni ‘70 ai Pakistani degli anni ‘80. Inizialmente, racconta Doherty, il governo accettava le persone in arrivo e tentava di integrarle nel paese. Negli anni a seguire la situazione è peggiorata: prima le deportazioni potevano durare qualche mese, oggi la politica sempre più restrittiva porta alla reclusione per anche 6-8 anni. Purtroppo, come ricorda il reporter, in Australia regna un clima di paura e tensione nei confronti di persone straniere e questo tipo di mentalità può essere superato solamente con un cambio generazionale. Il popolo è certamente spaventato dai flussi delle masse in continuo arrivo nelle coste, ma molto di più dal fatto che il governo non sia in grado di gestirle. Doherty sostiene che le istituzioni siano consapevoli di questo terrore diffuso e che agiscano di conseguenza. Molte atrocità non vengono rivelate per evitare di suscitare reazioni nei cittadini. Si tratta di veri e propri interventi di “disumanizzazione”: i deportati sono numeri, codici, non vengono trattati come persone.

Lo scrittore e giornalista australiano, Jeff Sparrow, fa notare come da sempre questa tematica passi in secondo piano rispetto a problemi economici o politici, anche se sono concetti strettamente legati. Il problema profughi ha ripercussioni non da poco su tutti gli aspetti che riguardano la gestione del paese. Un altro aspetto su cui egli pone attenzione è la mancanza totale di informazione e l’impossibilità dei profughi di potersi esprimere. Non viene data loro voce, nei media o in qualunque altro mezzo di comunicazione. Sparrow sottolinea anche il fatto che si parli sempre di questo problema quando in periodo di elezioni, senza mai però ottenere alcun cambiamento. Il problema viene raggirato, messo in secondo piano.

Sam Wallman, fumettista australiano, ha illustrato invece il suo progetto del 2013, “La storia di una guardia”, nato dalla motivazione di cercare di comprendere la facilità con cui questi fenomeni venissero considerati normalità. Egli ha sviluppato un fumetto sulla disumanizzazione dal punto di vista di un profugo afgano, che ha incontrato più volte resistenza alle frontiere, e di un lavoratore dei centri di deportazione, volenteroso di aiutare i profughi. Quest’ultima persona, infatti, ha potuto vivere la realtà contestuale dei centri detentivi e comprendere la forte necessità di un intervento in aiuto a queste persone, al fine di arrestare questo scempio.

Anche Joȅl van Houdt, fotogiornalista olandese, ha potuto toccare con mano la condizione drammatica in cui si trovano i rifugiati, fingendosi profugo e imbarcandosi per l’Australia insieme a loro. C’era un trafficante umano, racconta, che si occupava di tutte le persone a bordo, al quale tutti affidavano il proprio destino. C’erano famiglie, donne, nonni e bambini, partiti per un viaggio pericoloso, senza avere alcuna aspettativa di un futuro migliore. Nel Settembre 2013 molte barche sono affondate, dice Houdt, magari in alcune potevano esserci persone che ho conosciuto. Egli ha raccontato anche il momento dell’arrivo sulle coste delle isole australiane. Molti arrivano lì, ma molto pochi raggiungono davvero l’Australia. La maggior parte di loro viene subito smistata nei centri di deportazione.

Ben Doherty ha concluso con una riflessione in merito ai principi molto più liberali del nuovo governo. Lo stile e la retorica sono molto più morbidi rispetto a quello precedente e la disponibilità al cambiamento è maggiore. Questo però non significa che sarà facile risolvere il problema dell’immigrazione, gli ostacoli sono tanti. La speranza è quella di riuscire a limitare la gravità dello status detentivo dei profughi, soprattutto eliminando situazioni di violenza, maltrattamenti e stupri su donne e minori.

(Giulia Sangiorgi)

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