Cultura Suoni
Feeding the machine
Binker & Moses (Gearbox Records)

Nel 2015 i musicisti britannici Moses Boyd e Binker Golding sono emersi nel panorama musicale con un album notevole intitolato Dem ones, un disco che aveva a che fare tanto con il passato del jazz quanto con l’hip-hop e il grime. Un lavoro zeppo d’idee che metteva in mostra tutto il loro talento. Nel 2017 è arrivato il doppio influenzato dal prog Journey to the mountain of forever, seguito dai dischi dal vivo Alive in the east? e Escape the flames. Ora il duo è tornato con il suo album più coraggioso, Feeding the machine. Ascoltandolo, mi vengono in mente i dipinti di Mark Rothko. Nei suoi ultimi quadri Rothko aveva rimosso completamente gli oggetti, lasciando solo il colore. Lo stesso si può dire di Binker & Moses, che hanno eliminato il lirismo presente nei primi dischi. Feeding the machine si rivela nella sua astrattezza. Parte di questo nuovo suono è dovuto all’inclusione del polistrumentista Max Luthert, che si occupa dei tape loop e delle parti elettroniche. I contributi di Luthert aggiungono un ulteriore livello sonoro. I pezzi suonano contemporanei, ma hanno anche un tocco leggermente rétro. La combinazione di free jazz ed elettronica sembra una specie di continuazione dell’album On the corner di Miles Davis. Feeding the machine è ambizioso, riuscito e accattivante in modo sorprendente. È il disco migliore di Binker & Moses, che ci mostra bene cosa dovrebbe essere il jazz nel 2022.

Nick Roseblade,
Clash

Small world
Metronomy (Because Music)

Perché alcune musiche ci colpiscono più di altre? Potrebbe essere dovuto a una combinazione di parole, armonie e arrangiamenti che ci fanno sognare o sperare per il meglio. Ma è possibile che un disco dal suono nostalgico riesca a toccarci profondamente? Con Small world, Joseph Mount e i suoi Metronomy dimostrano che è possibile. In fondo un’esperienza musicale può dirsi appagante quando diventa un vero viaggio e da questo punto di vista Mount ha fatto la sua parte, in particolare con l’album Ni­ghts out. Ha trasceso le potenzialità divertenti dei suoni semplici che ama, creando dei lavori meditativi. Small world non raggiunge quei livelli e neanche la maestria produttiva di The english riviera, ma fa quello che deve fare in minor tempo rispetto ai precedenti. Inoltre dimostra quanto Mount sappia scrivere e produrre qualcosa di semplice e leggero che funziona. Rilassarsi non è sempre facile, ma a volte è necessario per non impazzire in questo mondo. I Metronomy ci aiutano e con Small world ci dicono che, nonostante tutta la tristezza e le difficoltà, “le cose andranno bene”.

Aleksandr Smirnov,
Beats Per Minute

Ghetto gods

Dreamville

Quando avete bisogno di un po’ di spacconeria sentimentale, la soluzione più sicura è ascoltare gli EarthGang, un duo rap statunitense che sta crescendo molto velocemente. Sotto contratto con l’etichetta di J. Cole, la Dream­ville Records, i due musicisti di Atlanta hanno affinato la loro arte, perfezionando il neorap su cui hanno lavorato da quando si sono incontrati al college più di dieci anni fa. Prima della pandemia Olu (Johnny Venus) e WowGr8 (Eian Parker) erano considerati i nuovi Outkast per il loro talento da tuttofare: cantano, rappano e producono i propri brani. Dopo l’album di debutto del 2019, Mirrorland, in Ghetto gods il gruppo cerca di lasciare alla sua città un’eredità simile a quella degli Outkast, pur rimanendo fedele alle sue radici trap. Ancor più del suo predecessore, Ghetto gods sembra un omaggio alla storia musicale di Atlanta. Quando stanno al fianco di artisti come Future, gli EarthGang dimostrano di non sfigurare di fronte alle più grandi star della loro città natale.

Kyann-Sian Williams,
Nme

Il 1 gennaio scorso, passata la felicità perché al concerto di capodanno di Vienna era tornato il pubblico dopo la lugubre edizione del 2021, colpiva l’aria stanchissima di Daniel Barenboim, che a novembre compirà ottant’anni. Questa stanchezza purtroppo si sente anche nella musica. Il direttore argentino lascia che l’orchestra vada da sé, e a volte spegne lo sfavillio melodico dei primi violini. Qua e là arrivano momenti vivaci, come il galop Kleiner anzeiger di Joseph Hell­mesberger o il grande valzer Nachtschwärmer di Carl Michael Ziehrer. Ma i pezzi più famosi crollano nella pigrizia generale. Anche la sfinita Marcia di Radetzky finale sembra il segnale di una sconfitta.

Yannick Malin,
Classica

Altro da questo numero
1450 - 4 marzo 2022
Abbonati a Internazionale per leggere l’articolo.
Gli abbonati hanno accesso a tutti gli articoli, i video e i reportage pubblicati sul sito.
Sostieni Internazionale
Vogliamo garantire un’informazione di qualità anche online. Con il tuo contributo potremo tenere il sito di Internazionale libero e accessibile a tutti.