Mentre gli sciatori si tolgono la neve dagli scarponi e si scaldano all’ingresso della sua baita sugli appennini, il proprietario si preoccupa di come incideranno le sanzioni europee alla Russia sulle bollette del riscaldamento già alte. “Ci saranno grandi svantaggi per l’Italia”, dice Roberto Minafra, mentre i suoi ospiti leggono sui cellulari le ultime notizie sull’Ucraina. Ma di fronte alla minaccia del presidente russo Vladimir Putin, Minafra è d’accordo che l’Italia, dove più del 40 per cento del gas naturale è importato dalla Russia, debba agire insieme agli altri paesi europei. “Putin deve essere isolato, non ci sono alternative”.

Dopo l’iniziale cautela sull’effetto boo­merang che le sanzioni avrebbero avuto sulle importazioni di energia, sulle aziende che producono beni di lusso e sul settore bancario, uno dei paesi europei che hanno legami più stretti con la Russia ha deciso insieme agli alleati occidentali di imporre sanzioni pesanti contro Putin, anche se gli italiani potrebbero pagare un costo altissimo.

Un tempo l’Italia era considerata dalla Russia – e dalla Nato – il potenziale anello debole che avrebbe consentito a Putin di spezzare la catena del consenso liberale europeo e rafforzare l’influenza della Russia sul continente. Ora l’Italia si è unita al blocco occidentale accettando il rischio che per rappresaglia il Cremlino possa tagliare gran parte delle forniture di gas.

“In caso di interruzioni delle forniture dalla Russia, l’Italia avrebbe più da perdere rispetto ad altri paesi europei che fanno affidamento su fonti diverse”, ha detto il 1 marzo il presidente del consiglio Mario Draghi in un discorso al parlamento, “ma questo non diminuisce la nostra determinazione a sostenere le sanzioni, che riteniamo giustificate e necessarie”.

Scelte finora impensabili

Draghi ha delineato la sua idea di Europa, affermando che l’invasione russa “segna una svolta decisiva nella storia europea”, perché ha infranto “l’illusione” di una pace permanente ottenuta attraverso l’integrazione economica e politica e ha creato una “nuova realtà”, riportando alla mente l’annessione nazista dell’Austria e l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Questo richiede scelte finora impensabili per proteggersi da un attacco ai valori occidentali e “all’ordine internazionale che abbiamo costruito insieme”.

Draghi ha affermato che “l’Italia non intende voltarsi dall’altra parte”, aggiungendo che Roma e l’Europa hanno “adottato una risposta sempre più dura e punitiva nei confronti di Mosca”.

I politici che in questi ultimi anni hanno corteggiato Mosca ora sono in difficoltà

Ha anche detto che l’Italia ha “risposto all’appello” del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj di armi, equipaggiamenti e veicoli militari, perché quando una democrazia sotto attacco chiede aiuto “non è possibile rispondere solo con incoraggiamenti”. Secondo il presidente del consiglio, la crisi renderà più rapido il processo di integrazione dell’Unione europea sull’immigrazione (offrendo accoglienza ai profughi ucraini) e sugli investimenti per costruire “una difesa comune” e proteggere l’ordine creato dopo la seconda guerra mondiale.

Terra di confine ideologico

Per gran parte del dopoguerra l’Italia ha mantenuto uno stretto legame con la Russia. Nei decenni successivi alla caduta del regime fascista di Benito Mussolini il più grande partito comunista al di fuori del blocco sovietico fu quello italiano. La Fiat costruì la più grande fabbrica di auto dell’Unione Sovietica in una città intitolata al leader comunista Palmiro Togliatti, e aiutò ad ammodernare l’industria automobilistica sovietica e le sue infrastrutture.

Quel forte legame spaventò l’occidente e spinse gli Stati Uniti, che avevano finanziato la ripresa economica dell’Italia con il piano Marshall, e il Vaticano a sostenere la Democrazia cristiana, un partito che governò in Italia per quasi mezzo secolo.

Così durante la guerra fredda l’Italia era una terra di confine politico e ideologico nel cuore dell’Europa occidentale. I suoi leader, di sinistra e di destra, continuarono la salda alleanza con gli Stati Uniti ma si accordarono anche con i sovietici prima, e poi con i russi, per le forniture di gas. Con l’arrivo degli oligarchi la Russia è diventata un mercato anche per l’agricoltura, le banche e i beni di lusso italiani.

Il crollo del comunismo e l’ascesa di Vladimir Putin come uomo forte hanno spostato a destra la base di supporto della Russia in Italia. Putin era in ottimi rapporti con Silvio Berlusconi quando era presidente del consiglio, e anni dopo è stato considerato un modello dai populisti italiani che si opponevano all’immigrazione.

Con l’aumento degli euroscettici e la riduzione dell’impegno statunitense nella Nato durante la presidenza di Donald Trump, Putin, ansioso di destabilizzare il fronte occidentale europeo, ha cercato di rafforzare i legami politici, culturali ed economici con l’Italia. Mosca ha sostenuto le associazioni culturali russe nel paese e ha corteggiato gli investitori italiani puntando sulle potenzialità delle esportazioni verso la Russia.

Nel periodo che ha preceduto la guerra Putin ha usato tutta la sua influenza passando ore in videoconferenza con alcuni dirigenti d’azienda italiani, tra cui il presidente di Banca Intesa Russia, che aveva “categoricamente” escluso un attacco da parte di Mosca. Ma l’era dell’estrema flessibilità sulle transazioni tra Russia e occidente sembra sia finita con Draghi, che da quando è entrato in carica nel 2021 ha rafforzato i legami dell’Italia con l’Unione europea.

I politici che in questi anni hanno corteggiato Mosca ora sono in difficoltà. Il leader della Lega Matteo Salvini, che aveva firmato un patto con Russia unita, il partito di Putin, ha condannato le violenze senza accusare apertamente il Cremlino e ha espresso preoccupazione per le sanzioni che potrebbero influire sulle forniture di gas: “Devono punire chi ha voluto e chi porta avanti la guerra”, cioè i politici e i miliardari, ha dichiarato il 27 febbraio alla televisione italiana. “Se le sanzioni vanno a colpire la povera gente, in Russia e anche in Italia, bisogna usare la testa”.

Ma Draghi non sembra propenso a dare tregua a Mosca. L’ex presidente della Banca centrale europea ha detto di aver proposto personalmente all’Europa di adottare ulteriori misure contro gli oligarchi russi che hanno un patrimonio superiore a dieci milioni di euro, aumentando le pressioni sulla Banca centrale russa e chiedendo alla Banca dei regolamenti internazionali, che ha la sede in Svizzera, di aderire alle sanzioni. Il 25 febbraio ha rimproverato ai leader italiani di aver fatto in passato troppo affidamento su Mosca: “Gli eventi di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver ulteriormente diversificato le nostre fonti energetiche e i nostri fornitori negli ultimi decenni”. Il 1 marzo ha assicurato che il paese ha scorte sufficienti di petrolio e gas naturale per compensare eventuali carenze negli ultimi giorni dell’inverno: il governo avrebbe avviato una diversificazione, aumentando la produzione di energia da fonti rinnovabili e cercando nuovi fornitori di gas, “perché non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo paese”.

Nuovo slancio

Il Movimento 5 stelle, che spesso ha fatto eco alle argomentazioni di Mosca ed è andato a braccetto con i siti di propaganda russi, è contrario ad alcune fonti di energia alternative. Uno dei parlamentari del gruppo ha insinuato che gli ucraini sono cannibali sulla base di una foto presa da un film dell’orrore. Ma il filorusso più in vista è Manlio Di Stefano, personaggio di punta della politica estera dei cinquestelle.

Nel 2015 Di Stefano affermava che gli Stati Uniti, la Nato e il gigante agricolo Monsanto avevano cospirato per alimentare il conflitto in Ucraina al fine di trasformare il paese “in una base Nato per lanciare l’attacco finale alla Russia”, ma anche per vendere alimenti geneticamente modificati. Nel 2016 definiva l’Ucraina uno “stato fantoccio” degli Stati Uniti, partecipando anche a un convegno del partito di Putin Russia unita. Ha riproposto le argomentazioni del Cremlino pubblicate sul sito di notizie Sputnik, che spesso ospita gli attacchi di Russia unita ai rivali e che ora è stato messo al bando in Europa. Ha inoltre esortato l’Italia a “bloccare le sanzioni contro la Russia” per aiutare le aziende italiane in difficoltà.

Oggi, da sottosegretario agli affari esteri, Di Stefano è diventato un sostenitore delle sanzioni e un detrattore di Putin e della Russia. “Sono anche favorevole a ulteriori sanzioni se le operazioni di guerra dovessero continuare, compreso il divieto di importazione di petrolio russo nell’Unione europea”, ha scritto il 1 marzo Di Stefano in un’email. “La mia posizione non è cambiata”.

Nel discorso fatto in parlamento, Mario Draghi ha esortato il paese a dimenticare il passato e a usare il nuovo slancio per spingere in avanti l’Europa. “La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani”, ha detto, “sono una difesa dei nostri princìpi e del nostro futuro”. ◆ bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1450 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati