Cultura Suoni
Jazz codes
Moor Mother (John Lamparski, Getty Images)

Rapper, musicista, poeta e attivista, la statunitense Moor Mother, il cui vero nome è Camae Ayewa, è una personalità unica, libera da qualsiasi restrizione di forma o genere. I testi che scrive intrecciano senza difficoltà il personale e il politico, mentre la sua musica scivola attraverso noise, jazz, rap, elettronica e oltre. Possiede un’abilità quasi mistica nel tirare fuori idee dall’etere e decodificarle. In Jazz codes l’antenna di Ayewa si è sintonizzata su segnali particolarmente tranquilli. I venti brani sono costruiti sulla produzione dello svedese Olof Melander, che fa affidamento su trame jazz espanse e sull’hip hop contemporaneo dalla vocazione più soul. Tuttavia il riferimento più evidente dell’album è il free jazz e il suo approccio non lineare al tempo. In Meditation rag le libere associazioni poetiche rievocano gli stati del sud, le leggende del jazz e spettrali “grida di giustizia”. Jazz codes possiede una genuina qualità trascendentale.
Tom Morgan, Loud and Quiet

Seven psalms
Nick Cave e Warren Ellis (Matthew Thorne)

Quarant’anni dopo che è emerso come l’infuocato frontman dei Birthday Party, Nick Cave ha realizzato alcuni dei dischi più stimolanti della sua lunga carriera. Le strutture delle canzoni sono diventate progressivamente più aperte, le narrazioni più oniriche, gli arrangiamenti più morbidi. I temi al centro dei testi sono quasi solo l’amore e la morte. A ogni successiva pubblicazione, il lavoro di Cave si è allontanato dal rock e si è avvicinato alla musica religiosa. Una religione stravagante, il cui sommo sacerdote potrebbe anche essere il suo unico praticante: un cantautore-mistico per il quale il sesso, i mostri e lo spargimento di sangue sono importanti quanto la grazia eterna. Seven psalms però è un’opera consapevolmente minore. È fatta di sette brani spoken word da uno o due minuti ciascuno, con un vaporoso accompagnamento musicale di Cave e Warren Ellis, e termina con un pezzo strumentale che è essenzialmente un miscuglio delle basi precedenti. Anche il formato incoraggia gli ascoltatori a pensarlo come qualcosa di diverso dal solito album di Nick Cave: è un ep da dieci pollici in edizione limitata venduto sul negozio online Cave Things. Valutare Seven psalms come un disco pop è sbagliato. Cave sembra intenderlo come una specie di preghiera. Ma anche se non credete in un’entità superiore, potreste commuovervi grazie alla strana bellezza delle sue immagini: dio come un cervo le cui corna “rastrellano fulmini”. Cave affronta l’orrore in modo più diretto in Such things should never happen, nella quale una madre e un passero perdono i loro figli, ed è inevitabile pensare alla morte dei figli di Cave. Ascoltando Seven psalms, un fan del cantautore australiano potrebbe sentire la mancanza del sesso e dei mostri, per non parlare delle canzoni. Ma se qualcuno si è guadagnato il diritto a una tregua, quello è Cave. E al resto dei fedeli resta un catalogo molto ampio. Se volete meno dio e più scopate, potete sempre ascoltarvi i Grinderman.
Andy Cush, Pitchfork

Mendelssohn: opera per violino e piano

L’opera per violino e pianoforte di Felix Mendelssohn è stata registrata poco, anche se riserva belle sorprese. L’integrale di Alina Ibragimova e Cédric Tiberghien si caratterizza per l’omogeneità e per una scorrevolezza di tono dove l’eleganza va a braccetto con la purezza. I due musicisti manifestano una perfetta affinità sia nell’impostazione sia nell’esecuzione. Non c’è niente di forzato nel loro approccio a queste pagine, che cantano la gioia di vivere con allegria contagiosa: l’equilibratissima violinista si raggomitola volentieri nel piano vivace del suo compagno. L’universo mendelssohniano tra classicismo e romanticismo, fedele all’influenza di Bee­thoven, è reso con intensità e leggerezza, e ci fornisce uno strumento essenziale per la conoscenza di un compositore sempre originale e piacevole, ma più profondo di quello che sembra.
Michel Le Naour, Classica

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1468 - 8 luglio 2022
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