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A Pechino sarà celebrata la fine dello spirito olimpico

La pattinatrice canadese Madeline Schizas si allena a Pechino, 2 febbraio 2022. (Aleksandra Szmigiel, Reuters/Contrasto)

È una novità storica: Pechino è la prima città a ospitare sia i giochi olimpici estivi sia quelli invernali. Ma tra le due date, 2008 e 2022, la Cina e il mondo sono cambiati parecchio. Per rendersene conto basta confrontare l’ambiente internazionale dei due eventi.

Per Pechino le Olimpiadi del 2008 erano il coronamento di una corsa folle verso la crescita, con l’affermazione della Cina come grande potenza capace di organizzare il più grande evento planetario della sua storia. La capitale cinese si era preparata per sette anni, con una trasformazione spettacolare della megalopoli e infrastrutture olimpiche impressionanti. Ho assistito ai giochi olimpici del 2008, sbalordito come tutti gli altri spettatori dalla grandiosa cerimonia d’apertura.

All’epoca il mondo era molto bendisposto nei confronti della Cina, entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001 e diventata, secondo un’espressione celebre, “la fabbrica del mondo”. L’idea dominante era ancora quella secondo cui lo sviluppo economico e il coinvolgimento della Cina nell’ordine mondiale avrebbero prodotto un’apertura politica, anche se il regime era ancora autoritario. Le Olimpiadi del 2008 avrebbero dovuto fare parte di questa evoluzione che i pensatori liberali statunitensi consideravano ineluttabile.

Le cose sono andate diversamente. Per la precisione è accaduto esattamente il contrario. Il 2008 ha segnato un punto di svolta, con una Cina che ha assunto una grande fiducia in se stessa e nella sua potenza in divenire, mentre il mondo occidentale è piombato in una crisi finanziaria devastante.

L’invitato d’onore alla cerimonia di apertura del 4 febbraio sarà Vladimir Putin

Tra i due appuntamenti olimpici di Pechino, la Cina ha scelto un nuovo leader, Xi Jinping, che ha accelerato una doppia tendenza: da un lato l’inasprimento interno, con la soppressione di una società civile in fase embrionale e il rafforzamento di un sistema di sorveglianza basato sulla tecnologia; dall’altro l’affermazione della potenza cinese nel mondo.

Alla vigilia dei giochi invernali del 2022 la fascinazione per il “miracolo cinese” ha lasciato il posto alla preoccupazione per la sorte degli uiguri e per la repressione in corso a Hong Kong e ai timori davanti all’ascesa di una potenza temibile che è riuscita a decollare economicamente senza alterare la natura totalitaria del sistema. Tra le due Olimpiadi lo sguardo sulla Cina è cambiato, insieme al clima internazionale.

L’invitato d’onore alla cerimonia di apertura del 4 febbraio sarà Vladimir Putin, in piena tensione e rischio di guerra in Ucraina. La coppia Xi-Putin contesta l’ordine mondiale dominato a lungo dagli occidentali, e i giochi olimpici si svolgeranno in un’atmosfera di sfida ben presente dietro il decoro olimpico.

La presenza di Putin contrasterà con l’assenza di un rappresentante ufficiale degli Stati Uniti e di altri paesi. Il fallimento relativo del boicottaggio diplomatico (gli europei, per esempio, non si sono messi d’accordo su una posizione comune) illustra la difficoltà di affrontare un gigante come la Cina.

Nel 2008 la Cina aveva voluto dimostrare al mondo di essere diventata una grande potenza e desiderava essere ammirata e riconosciuta. Nel 2022, invece, non deve dimostrare più nulla e si compiace del fatto di incutere timore. È l’immagine di un mondo tornato a essere dominato dai rapporti di forza brutali, nella totale assenza del mitologico “spirito olimpico”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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