Tanti piani di pace, ma nessun accordo
Oggi nel mondo ci sono molti conflitti: la guerra civile in Sudan, le tensioni nella regione dei grandi laghi in Africa, il jihadismo nel Sahel, lo scontro tra Cambogia e Thailandia. Ma sono due le guerre che avranno un effetto determinante sul mondo dei prossimi anni: l’invasione russa dell’Ucraina e il conflitto israelo-palestinese. In entrambi i casi, nel 2025 sono stati proposti piani per una soluzione, ma l’anno si conclude senza nessuna seria prospettiva di una pace duratura e giusta.
In Ucraina il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha cambiato le carte in tavola. Trump cerca invano di conciliare il desiderio di un’intesa con la Russia di Vladimir Putin e la volontà di raggiungere una pace che possa salvare le apparenze. A più riprese, il presidente degli Stati Uniti è sembrato pronto a iniziative drastiche pur di ottenere un accordo con Putin, per poi dover fare regolarmente i conti con realtà geopolitiche ineluttabili.
In questa fine d’anno è stato presentato un nuovo piano di pacestatunitense discusso con l’Ucraina e gli europei, ma come ha titolato il New York Times, il progetto ha pochissime possibilità di essere accettato da Mosca. Il 2026 si apre dunque con la solita domanda: in mancanza di un accordo, Trump farà il gioco di Putin tagliando gli aiuti all’Ucraina? O deciderà che bisogna fare pressioni sulla Russia? Che ci sia un dubbio simile è già di per sé un segno dei tempi che corrono.
In stallo
Anche sul fronte di Gaza, Trump è il padrone del gioco, a modo suo. Ha lasciato fare a Benjamin Netanyahu per gran parte del 2025, quando l’esercito israeliano si è scatenato nella Striscia di Gaza distruggendo sistematicamente il territorio e uccidendo più di settantamila persone dopo gli attentati di Hamas in Israele del 7 ottobre 2023.
A ottobre Trump ha imposto un cessate il fuoco dopo che Israele ha fatto un attacco di troppo, quello in Qatar. Da allora è stato elaborato un “piano Trump”, che in una prima fase ha permesso il ritorno a casa degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, la liberazione di alcuni prigionieri palestinesi e il ripristino degli aiuti umanitari.
Ma il passaggio alla seconda fase è in stallo, anche perché manca una partecipazione politica palestinese, condizione indispensabile per disarmare Hamas. Nel frattempo Hamas ha riconquistato il controllo su una popolazione che continua a fare una vita d’inferno tra le macerie.
L’anno che verrà sarà segnato dalle elezioni legislative in Israele. La coalizione di estrema destra ha concluso il 2025 mantenendo una linea particolarmente dura, con l’approvazione di 19 nuove colonie in Cisgiordania, il territorio palestinese dove regna la violenza feroce dei coloni. Il ministro della difesa israeliano Israel Katz ha parlato di un’annessione di fatto della Cisgiordania e della possibilità di fondare colonie anche nel nord di Gaza.
Gli israeliani sceglieranno di sostenere questo programma estremo, dopo due anni di trauma per i fatti del 7 ottobre 2023, di isolamento internazionale e di crescita dell’antisemitismo? Le alternative non sono radicali, ma un governo senza Netanyahu e senza l’estrema destra darebbe sicuramente il via a un’epoca diversa.
In Ucraina come in Medio Oriente la pace appare ancora lontana, mentre il mondo è in preda alle pulsioni imperiali, mette alla prova i rapporti di forza, non esita più a ricorrere alla violenza e calpesta il diritto. Il 2026, purtroppo, rischia di non essere molto diverso.
(Traduzione di Andrea Sparacino)