06 dicembre 2016 09:36

Li chiamano “burocrati”, “senza terra”, “ideologi liberisti” e “contabili”. È così che molti europei, tutti gli eurofobi e alcuni che lo sono meno, definiscono i commissari europei, componenti della Commissione che per le stesse persone sarebbe fonte di tutti i mali del continente.

Ma è proprio la Commissione – o “Bruxelles”, come la chiamano spesso – ad aver preso l’iniziativa di incitare l’eurozona a investire nel rilancio delle economie europee acconsentendo all’aumento della spesa pubblica. Questo appello era rivolto a tre dei 19 paesi dell’eurozona (Germania, Paesi Bassi e Lussemburgo) il cui budget è in eccedenza o quasi in equilibrio. Per la Commissione si tratta di una scelta economica ma anche politica che vorrebbe frenare l’avanzata dell’estrema destra eurofoba e alimentare una crescita che ovunque è ancora troppo debole per arrestare la disoccupazione. La Commissione ha chiaramente ragione, ma cosa è accaduto il 5 dicembre, quando i ministri delle finanze dell’eurozona si sono riuniti per discutere questo invito?

Tre valutazioni sulla Commissione
Hanno risposto di no. Non è stato un no unanime, perché metà dei governi dell’eurozona, a cominciare da quello francese, ha sostenuto la Commissione. Ma un’altra metà, guidata dalla Germania e dai Paesi Bassi, ha pregato la Commissione di lasciar decidere ai governi la loro politica. E dato che queste decisioni si prendono per consenso, la risposta è stata no.

Questo ci spinge a tre valutazioni. La prima è che la vicenda ci fa capire come funziona davvero l’Unione europea. Contrariamente a quanto sostengono gli eurofobi, non è la Commissione a decidere nell’Unione, ma i governi, i politici che eleggiamo democraticamente e che in questo momento sono in maggioranza liberisti. Sono loro a sostenere la politica d’austerità, sulla cui applicazione la Commissione è tenuta a vigilare.

La Germania e la maggioranza liberista dovranno cambiare posizione

La seconda valutazione è che, se questa maggioranza non aprirà gli occhi (o non si trasformerà in una minoranza) la collera sociale continuerà ad aumentare, le estreme destre ne approfitteranno e l’Unione si sfalderà, proprio quando i paesi europei avrebbero bisogno di fare fronte comune in un mondo sempre più pericoloso e incerto.

La terza valutazione, infine, è che il no di ieri non sarà eterno, per fortuna. La Germania e la maggioranza liberista dovranno cambiare posizione. Dovranno farlo perché Matteo Renzi aveva annunciato che il suo governo sarebbe caduto se non lo avessero fatto, e così sono andate le cose. Dovranno farlo perché l’estrema destra austriaca ha rischiato di ottenere la maggioranza, perché la destra è in ascesa ovunque e perché le economie europee, compresa quella tedesca, hanno bisogno di un rilancio per cui è indispensabile un aumento della spesa pubblica.

Il 5 dicembre è arrivato il no, ma almeno l’eurozona ha discusso la possibilità di invertire la rotta, quando fino a poco tempo fa uno sviluppo del genere sembrava impensabile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it