“L’agricoltura biologica è un’agricoltura di pace, di vita, un motore di cambiamento della società”. Così ha esordito Lucio Cavazzoni, presidente di Alce Nero, che ha aperto il dialogo sul tema sempre più diffuso e conosciuto dell’agricoltura bio e dell’importanza della biodiversità.
“Tante rimangono ancora le sfide da affrontare” ha sottolineato Hugo Valdes, cooperativa sin fronteras. “Perché l’agricoltura gestita a livello famigliare possa continuare a sopravvivere, deve essere concorrenziale, e per far ciò servono due strumenti essenziali: differenziarsi e produrre cibo di alta qualità. Anche l’essere solidali – continua – è un elemento importante. Occorre che gli agricoltori e gli allevatori siano solidali tra loro e che i consumatori capiscano le difficoltà dei produttori e i ritmi della terra, sempre più imprevedibili, visti i mutamenti del clima”.
L’agricoltura famigliare è un bisogno primario in certe terre, come quelle dell’America Latina, e “quando i piccoli agricoltori si uniscono per formare una cooperativa, i vantaggi sono molteplici”, ha raccontato Mariasol Espinoza Cruz, vicepresidente della Repubblica del Perù.
“Ho potuto vedere con i miei occhi quanto le cooperative nella mia terra, il Perù, hanno migliorato la vita dei contadini. Molti di loro sono stati riconosciuti come i proprietari effettivi dei loro appezzamenti di terreno e si è rafforzata la lotta all’illegalità: coltivazioni di cacao o di canna da zucchero stanno sostituendo quelle di coca”. E di lotta all’illegalità ha parlato anche il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, ricordando che la sua associazione, presente anche in America Latina, sostiene in Italia delle cooperative che gestiscono i beni confiscati alla mafia. “La terra – dice – ha un’anima che geme quando viene sfruttata dai poteri illegali. In Italia le cooperative di Libera Terra hanno una grande valenza simbolica perché non solo vanno a colpire il potere mafioso, ma riportano anche il senso di legalità”.
(Elsa Pasqual)