29 settembre 2016 13:57
Anabel Hernández, nel 2015. (Tania, A3/Contrasto)

Ha indagato sui legami tra i cartelli della droga e il mondo della politica. Per le minacce subite ha dovuto lasciare il Messico. Ma non si ferma.

Il Messico è uno dei paesi più pericolosi dell’America Latina per i giornalisti, che si trovano sotto il tiro incrociato dei cartelli della droga, dei politici corrotti e della violenza diffusa. Secondo Reporters sans frontières, in Messico nel 2016 sono già stati uccisi nove giornalisti per motivi legati alla loro professione.

Anabel Hernández, 45 anni, è una delle reporter d’inchiesta più note del paese. Nel libro La terra dei narcos (Mondadori) ha indagato sui legami tra il cartello di Sinaloa, l’organizzazione criminale più potente del mondo, e le alte sfere messicane. Dopo la sua pubblicazione, nel 2010, Hernández ha cominciato a ricevere intimidazioni e minacce di morte. Le ritorsioni hanno colpito anche la sua famiglia: alla fine del 2013 un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella sua casa quando lei non c’era.

A quel punto la situazione è cambiata: “Ho capito che era l’ultimo avvertimento e la prossima volta mi avrebbero ucciso. Dovevo lasciare il Messico”, ha raccontato in un’intervista. Dal 2015 Hernández vive negli Stati Uniti: “È stata una decisione sofferta. Ma volevo che la mia uscita di scena fosse un’opportunità, non una fuga”.

Anabel Hernández sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 1 ottobre con Roberto Valencia e Alberto Barrera Tyszka per parlare d’informazione e libertà d’espressione in America Latina.

Questo articolo è stata pubblicato il 30 settembre 2016 a pagina I di Internazionale con il titolo “Nel mirino dei narcos”. Compra questo numero | Abbonati

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