29 settembre 2017 10:47

Internazionale, in collaborazione con Arci nazionale, ha deciso di conferire il premio per l’edizione 2017 al pluripremiato giornalista e documentarista turco Can Dündar, 56 anni, distintosi per le sue coraggiose inchieste sul coinvolgimento diretto della Turchia nella questione siriana.Tra i più importanti giornalisti del suo paese, Dündar ha pubblicato oltre venti libri ed è stato autore di diversi programmi per la tv (tra cui CNN turca e NTV). Nominato direttore del quotidiano Cumhuriyet nel 2015, è stato arrestato, qualche mese dopo, insieme al collega Erdem Gül per aver pubblicato le riprese che mostrerebbero agenti dell’intelligence turca del MIT (Millî İstihbarat Teşkilâtı) mentre inviano armi ai combattenti islamici in Siria. Con l’accusa di spionaggio e divulgazione di segreti di Stato, Dundar passa tre mesi, di cui 40 giorni in isolamento, nella cittadella di reclusione per oppositori politici Silivri. I due giornalisti sono stati liberati il 26 febbraio 2016 in seguito al pronunciamento della Corte costituzionale. Al processo di primo grado Dündar è stato condannato a cinque anni e dieci mesi. Attualmente vive in esilio in Germania, dove ha fondato il portale d’informazione turco-tedesco özgürüz. I giornalisti turchi hanno subito nell’ultimo anno una escalation di intimidazioni da parte del governo, tanto che oggi la Turchia viene definita dalle ONG «la più grande prigione del mondo per giornalisti». Dopo il fallito golpe del 15 luglio scorso in Turchia non esiste più spazio per la stampa libera e ad oggi sono oltre 150 giornalisti in carcere, migliaia i cronisti licenziati da un giorno all’altro senza motivo, duecento lee testate chiuse o sequestrate, revocate mille tessere stampa, nonché espulsi decine di corrispondenti stranieri

Motivazione dell’assegnazione del premio Anna Politkovskaja al giornalista turco Can Dündar
Can Dündar è uno dei più noti giornalisti turchi. Oggi vive in esilio in Germania e non può più vedere sua moglie, bloccata in Turchia perché le hanno ritirato il passaporto. La Turchia è un paese di quasi ottanta milioni di abitanti, in teoria ancora candidato a entrare nell’Unione europea. Ma è un paese che da qualche anno ha cominciato a intimidire, perseguitare, incarcerare e talvolta anche torturare chi cerca di raccontare la realtà del paese in un modo sgradito al potere.
Can Dündar era una star del giornalismo turco, commentatore, autore di programmi televisivi, ha pubblicato una ventina di libri. Era un volto notissimo, un professionista conosciuto e stimato.
Eppure i suoi problemi con l’allora primo ministro Erdogan sono cominciati già nel 2013, quando la sua collaborazione con il quotidiano Milliyet è stata interrotta perché aveva assunto posizioni troppo critiche sulla crisi di Gezi Park.
Diventato poco dopo direttore direttore di Cumhuriyet, uno dei pochi quotidiani rimasti a criticare apertamente Erdogan, con il suo giornale ha documentato la fornitura di armi da parte dei servizi segreti turchi ai gruppi jihadisti in Siria, che il governo aveva cercato di smentire. A quel punto Dündar è stato arrestato con le accuse di terrorismo, spionaggio e rivelazione di segreto di stato. Ha trascorso tre mesi in prigione e, nel maggio del 2016, nel giorno del suo processo, ha subito un tentativo di omicidio di fronte al tribunale. È stato salvato solo dalla prontezza di riflessi di sua moglie. Quello stesso giorno è stato condannato a cinque anni di prigione e a quel punto ha deciso di espatriare in Germania.

Poche settimane dopo, in seguito al tentato colpo di stato del 15 luglio, in Turchia è cominciata una durissima ondata di repressione. Più di trecento giornalisti sono stati arrestati, tra cui metà della redazione di Cumhuryet. Il governo ha chiuso giornali e siti e ha perfino oscurato Wikipedia. Dal suo esilio in Germania Dündar ha appena fondato Özgürüz, che significa “Siamo liberi” , un sito in tedesco e in turco che pubblica le notizie che in Turchia è impossibile pubblicare. “La nostra determinazione troverà una via per sormontare qualunque ostacolo, perché come la paura, anche il coraggio è contagioso”, ha scritto di recente.

Ed è proprio perché il suo coraggio sia contagioso, in Turchia e nel resto del mondo, e per il suo infaticabile impegno nella ricerca della verità, nella difesa della libertà d’espressione che abbiamo deciso di attribuire il premio Anna Politkovskaja a Can Dündar. La sua storia è simbolica del processo di involuzione turco, di come la svolta autoritaria si è accompagnata a un giro di vite contro l’informazione e contro i giornalisti, e di come la libertà di stampa è sempre la prima vittima dei regimi di ogni colore.

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