29 settembre 2017 19:37

“In Turchia non è mai stato così difficile difendere la democrazia, il mio Paese oggi è la più grande prigione al mondo per i giornalisti con circa 160 giornalisti incarcerati“, ha dichiarato il giornalista turco Can Dündar nel ricevere il premio Anna Politovskaja che, come ogni anno, è stato consegnato durante la cerimonia di apertura del Festival di Internazionale, giunto alla sua undicesima edizione, dal direttore della rivista Giovanni de Mauro e dal sindaco Tiziano Tagliani. Il premio viene assegnato a uno dei giornalisti che si sono distinti nella lotta per la libertà di stampa e per i diritti civili, pagando anche a caro prezzo le loro idee. A seguire Jacopo Zanchini lo ha intervistato sulla situazione in Turchia e sulla sua vicenda personale.

Can Dündar, giornalista turco, direttore del quotidiano Cumhuriyet e autore del libro “Arrestati” (tradotto anche in Italia, ed. Nutrimenti), è stato perseguitato a partire dal 2013 dopo i fatti di Gezi Park e successivamente arrestato nel 2015 per la diffusione di un video sulla vendita di armi alle milizie islamiste in Siria da parte del governo, con l’accusa di spionaggio e divulgazione di segreti di stato. Con lui e dopo di lui altri giornalisti del suo e di altri giornali sono stati arrestati. Nel 2016 è stato liberato e condannato a più 5 anni di reclusione, dopo aver subito un tentativo di omicidio, quindi si è trasferito in Germania, cosa che non è stata permessa alla moglie, rimasta ostaggio in Turchia.

“La Turchia è stata finora l’unico paese laico e democratico di religione musulmana, ma il presidente Erdoğan vuole trasformare il Paese in un regime islamista radicale ed ha l’ambizione di diventare un riferimento per tutto il mondo islamico” ha continuato Dündar. Erdoğan, dopo avere indebolito il potere delle forze armate, conduce una repressione durissima contro coloro che nel Paese gli si stanno opponendo, con licenziamenti ed incarcerazioni di magistrati, insegnanti, funzionari, oscuramenti di siti internet e limitazioni delle libertà personali. Utilizza anche le questioni internazionali (guerra in Siria, nazionalismo curdo) per accrescere il consenso interno. Sfumata da tempo la prospettiva di ingresso nell’Unione Europea, Erdoğan svolge un compito molto utile per i Paesi Europei, trattenendo migliaia di migranti all’interno delle sue frontiere.

“Nutro ancora speranza che la Turchia riuscirà ad uscire dalla spirale di repressione in cui si trova, ci sono ancora molte persone all’interno che vogliono combattere per la libertà“ ha continuato Can Dündar. “ Nel mondo c’è una ondata di ritorno all’autoritarismo, ma la solidarietà e lo stare uniti tra forze positive sono una strada per superare i problemi”

Dündar, che proprio ieri ha ricevuto contemporaneamente la notizia di essere candidato al premio Nobel per la pace e l’informazione che contro di lui è stato emesso dalla polizia turca un mandato di cattura internazionale, ha ricevuto il premio con l’affermazione : “Mi impegno a restare fedele alla promessa di difendere la libera informazione e di difendere sino alla fine l’onore della penna, della firma e della scrittura”.

Marina Sardi, studentessa del Master di Giornalismo e Comunicazione scientifica dell’Università di Ferrara, volontaria all’ufficio stampa del festival

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