30 settembre 2017 10:10

“Le donne sono positive per la società, non soltanto in termini economici”, così Catherine André, vicedirettrice di VoxEurop e collaboratrice di Alternatives Economiques a proposito della riduzione del gender gap nel mondo economico, durante l’incontro di venerdì al Cinema Apollo di Internazionale a Ferrara.

Con Catherine André prendono parte all’evento: Linda Laura Sabbadini, statistica sociale in collegamento da Roma, Chiara Saraceno, sociologa e scrittrice e Giulia Zacchia, della Commissione di Genere della Società italiana degli economisti. Modera l’incontro Roberta Carlino, di Internazionale.

Linda Laura Sabbadini spiega che la disparità di genere si accompagna spesso a altre disuguaglianze: ad esempio essa è maggiore nelle aree più arretrate del Paese. Similmente la crisi economica attuale ha portato ad una riduzione del gap, ma, spiega Sabbadini, “si tratta di una riduzione dovuta al crollo dell’occupazione maschile”. Più che il Gender Pay Gap, ritenuto un indicatore grezzo, per la statistica un buon sistema di valutazione dovrebbe tenere conto anche dei rapporti economici tra le donne: ad esempio negli anni ’90 la crescita dell’occupazione femminile ha riguardato perlopiù il centro-nord del Paese, mentre il sud ne è rimasto in buona parte escluso.

È Chiara Saraceno a sottolineare come l’impiego femminile generi altra domanda di lavoro, soprattutto nel settore dell’accudimento domestico. La “catena internazionale della cura” ne è una conseguenza su scala globale: l’impossibilità da parte delle donne lavoratrici dei Paesi sviluppati a svolgere il lavoro casalingo fa sì che siano quelle provenienti da Paesi meno sviluppati ad emigrare per rispondere a questa domanda di impiego. Il problema riguarda in realtà una diffusa visione culturale per la quale queste mansioni spettano al genere femminile.

Richiamando uno studio dello European Institute per Gender Equality (EIGE), Giulia Zacchia illustra come, stando ai parametri utilizzati per la ricerca, la crescita economica femminile dovrebbe portare ad una crescita del 10% del PIL pro-capite e di circa quattro punti percentuale nei tassi di occupazione in Europa, entro il 2050. Per questo, secondo Zacchia, l’obiettivo delle politiche macroeconomiche deve essere quello di creare equità.

André cita il modello svedese: una rivoluzione culturale iniziata per via dell’accresciuta domanda di lavoro durante il boom degli anni Sessanta. L’impiego femminile nel contesto scandinavo si è tradotto nello sviluppo di un welfare volto alla condivisione tra i generi del lavoro domestico non retribuito. A partire dal 1995 è aumentato il numero di donne svedesi impiegate full time e questo ha reso necessario il coinvolgimento dell’uomo nella vita famigliare. Per la giornalista il ricorso abituale degli uomini al congedo parentale ne è un effetto. È proprio al modello svedese che guarda la Francia, che negli ultimi anni ha varato una serie di misure per sostenere l’uso del congedo da parte maschile.

Non manca un riferimento al tema della violenza sulle donne che, per Chiara Saraceno, tende a verificarsi in misura maggiore in situazione di disparità economica nella coppia, sia essa sbilanciata verso l’uomo o verso la donna. Similmente, Giulia Zacchia sottolinea l’importanza dell’accesso al credito da parte della donna per poter costruire -o ricostruire- la propria indipendenza.

Lorenza D’Isidoro, studentessa del Master di Giornalismo e Comunicazione scientifica dell’Università di Ferrara, volontaria all’ufficio stampa del festival

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