03 ottobre 2017 18:44

In Nigeria nord-orientale il problema di Boko Haram (che significa: l’educazione occidentale è proibita) non ha ancora trovato una soluzione. A due giorni di distanza dal comunicato UNICEF sulla situazione dei minori e dell’istruzione scolastica nel Paese, un seminario nella Sala dei Comuni del Castello Estense di Ferrara approfondisce il tema. All’incontro, in programma al festival di Internazionale 2017, partecipano Wolfgang Bauer, scrittore tedesco e giornalista di Die Zeit, Ini Dele-Adedeji dell’ Università SOAS di Londra e Natalie Roberts, che si occupa del coordinamento delle azioni nelle regioni di crisi per Medici Senza Frontiere. Modera Edoardo Vigna del Corriere della Sera.

Wolfgang Bauer ha intervistato settantadue giovani donne rapite da Boko Haram e riuscite a fuggire. Gli ostacoli alla reintegrazione sociale sono di varia natura: psicologica, antropologica e di sicurezza interna. Oltre al trauma personale, spiega infatti Bauer, il ritorno alla vita quotidiana è reso difficoltoso dal persistere di credenze animistiche in Nigeria, che inducono parte della popolazione a credere che, dopo essere stata ostaggio dei miliziani, la donna possa essere portatrice di demoni maligni. Esiste poi la paura che alcune di esse possano essersi effettivamente radicalizzate durante la prigionia, trasformandosi a loro volta in terroriste. Il rapimento delle donne a fine schiavistico da parte dei terroristi è sistematico. Diversa la sorte degli uomini che invece vengono uccisi. Per lo scrittore le origini profonde del successo di Boko Haram risalgono a un diffuso revanchismo verso il colonialismo occidentale, che ha distrutto l’egemonia dei gruppi tribali che si era espansa fino alla Libia.

Ciò che ha colpito maggiormente Natalie Roberts è la differenza economica tra le zone residenziali delle città nigeriane occidentalizzate e le aree del Borno soggette a Boko Haram. MSF, spiega Roberts, non ha ottenuto il permesso per accedere in alcune zone della Nigeria. Spiega poi che l’azione nei campi per sfollati interni, dove vengono trattenute a lungo anche le donne ostaggio del gruppo dopo la liberazione, è necessaria per portare cibo, cure e dispositivi medico-sanitari. Si sarebbero infatti verificate epidemie di morbillo e colera, acuite dalla malnutrizione e dalla mancanza di vaccini. Inoltre le donne subirebbero abusi e violenze nel periodo di detenzione e i tassi di mortalità sarebbero alti.

Ini Dele-Adedeji illustra come dal 2009 si sia segnata una svolta nell’organizzazione di Boko Haram. Da quella data, infatti, è cominciata la reazione del governo nigeriano. L’arresto di molti vertici ha indotto molti miliziani a fuggire nelle aree più isolate del Paese o verso il confine con il Ciad. Contestualmente, però, il gruppo ha assunto atteggiamenti sempre più violenti. In origine infatti, prosegue Adedeji, Boko Haram voleva essere un movimento di correzione sociale, che faceva proseliti puntando sulla lotta alla corruzione dilagante in Nigeria. Altro elemento di attrazione sarebbe dato dalla disparità di istruzione e dunque di ricchezza tra coloro che hanno avuto o non avuto accesso ad un’educazione occidentale, appunto. Ritiene invece difficile un pronostico sulle sorti della Nigeria, che verosimilmente dipenderanno dalle elezioni del 2019.

Lorenza D’Isidoro, studentessa del Master di Giornalismo e Comunicazione scientifica dell’Università di Ferrara, volontaria all’ufficio stampa del festival

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