Un romanzo sulla memoria in cui s’intrecciano le devastazioni ancora vive della guerra civile e i villaggi rurali di una Spagna svuotata. Edurne Portela combina due elementi eterogenei: la scoperta da parte delle giovani generazioni del passato traumatico dei loro genitori e dei loro nonni, chi vittime e chi carnefici, e il ritiro in un villaggio di montagna (Pueblo Chico) di persone che, grazie al lavoro da remoto, fuggono dalla città e incontrano un mondo primitivo e ostile. Da qui nasce una storia satura di violenza, in cui Pedro è la presenza costante, dalla sua infanzia brutalizzata durante la guerra al suo presente di vecchio taciturno e invalido, depositario della memoria frammentata del luogo. Pedro è il testimone di un passato indicibile, delle atrocità viste, dell’odio spietato che ha praticato. Ariadna invece appartiene al presente. È arrivata in paese con Eloy, con cui forma una coppia in crisi che si concede un anno di prova, anche se le ragioni di Ariadna per questo ritiro si riveleranno via via, fino a quando si aprirà un varco tra lei e il vecchio Pedro. È compito del lettore scoprire questi legami segreti, i nodi che tengono insieme i fili sul rovescio dell’arazzo. Per renderlo possibile, l’autrice ha frammentato la storia e gli episodi che la compongono, andando avanti e indietro, alternando tempi e personaggi, in modo che lo svelamento di ciò che è accaduto quando Pedro era bambino sia progressivo. Edurne Portela affronta il problema di una memoria collettiva difficile da gestire, in cui la violenza non è monopolio di una fazione o di un gruppo, in cui l’ingiustizia, in diversa misura, sembra essere stata inflitta a tutti.
Domingo Ródenas de Moya, El Periódico

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Questo articolo è uscito sul numero 1520 di Internazionale, a pagina 77. Compra questo numero | Abbonati