“Mi viene spesso ricordato che provengo da un luogo in guerra”, pensa il protagonista del secondo romanzo di JJ Bola. E uno dei conflitti più estremi nella vita di Michael Kabongo, un giovane insegnante di scuola superiore britannico-congolese, è quello tra il modo in cui appare (forte, apprezzato) e quello in cui si sente (suicida, inutile). A seguito delle crescenti pressioni sul lavoro e da parte di familiari e amici, Michael viaggia da Londra all’America, “per nessun motivo se non per romanticismo e poesia”. Preleva tutti i soldi dal suo conto in banca e, quando li ha finiti, pensa di togliersi la vita. Il libro racconta in prima persona gli eventi di Londra che hanno portato alla sua decisione, mentre capitoli alternati in terza persona seguono il suo viaggio attraverso gli Stati Uniti. Bola affronta l’eredità del colonialismo e il sentimento dei giovani uomini che temono di essere considerati “deboli”. La grandezza lirica è a tratti contaminata da un’aria di banalità, rischiando di trasmettere meno profondità di quella che annuncia.
Jonathan McAloon, Financial Times

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1530 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati