Le foto delle file alle stazioni di servizio e davanti ai bancomat in Ucraina sono comparse ovunque sui social network. E a mano a mano che le immagini aumentavano, le file si facevano sempre più lunghe. Molti le hanno condivise credendo in questo modo di mettere in guardia amici e conoscenti, ma non c’è dubbio che i troll (provocatori online) e le botnet (reti per gestire attacchi informatici) russi abbiano contribuito ad alimentare il panico.
Le organizzazioni che in Polonia si occupano di combattere la disinformazione online hanno identificato centinaia di account che diffondono la propaganda del Cremlino. Secondo l’Istituto per le ricerche su internet e i social network, solo nella giornata del 26 febbraio sono stati individuati ottomila post con informazioni false e favorevoli alla Russia. Ma si tratta appena dell’1,2 per cento di tutti i commenti pubblicati in Polonia sull’Ucraina.
Tuttavia, la guerra dell’informazione non è cominciata quando gli eserciti hanno sparati i primi colpi. La squadra East StratCom, che fa capo al Servizio europeo per l’azione esterna (il servizio diplomatico dell’Unione europea), ha segnalato un aumento della propaganda antiucraina sui social network fin dallo scorso novembre. Sulle pagine internet in lingua russa, l’Ucraina era definita uno stato nazista che usa armi chimiche contro la popolazione del Donbass, e pochi giorni prima dell’invasione si sono moltiplicati i post sul presunto “genocidio” nelle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, e sull’ondata di profughi in fuga dalla regione (in realtà persone costrette a lasciare le proprie case dalle autorità russe).
Vecchi maestri
Ma la propaganda ha assunto anche forme più sofisticate. I mezzi d’informazione e gli account di social network associati all’uomo d’affari russo Evgenij Prigožin (in precedenza responsabili, tra l’altro, dell’interferenza nelle elezioni statunitensi e di alcuni paesi europei) hanno pubblicato falsi annunci di ricerca di collaboratori per la fabbricazione di fake news, sostenendo che erano stati sottratti ai servizi d’intelligence ucraini. Eccone uno: “Sono necessarie notizie sui crimini di guerra commessi dalle forze di occupazione russe sul territorio ucraino. Compenso: 30 dollari per un testo fino a quattromila caratteri. Scadenza: 18 febbraio. Per maggiori dettagli si vedano i termini del contratto che allego”. Notizie false dal contenuto simile erano state diffuse nel 2018 per screditare l’opposizione siriana; allora le informazioni riguardavano la ricerca di attori e figuranti per simulare un attacco chimico in uno studio cinematografico.
Ma stavolta, anche se tutte le azioni dei troll del Cremlino si attengono a modelli che si sono dimostrati molto efficaci nelle precedenti campagne di disinformazione, la Russia sta chiaramente perdendo la guerra dell’informazione. D’altra parte, ha un avversario che, attaccato da Mosca per anni, ha imparato a difendersi.
L’assalto fallito
Dall’inizio del conflitto, l’Ucraina ha utilizzato magistralmente i social network per trasmettere al mondo le vere immagini dei combattimenti, i video di soldati equipaggiati con armi anticarro occidentali, i post del presidente Volodymyr Zelenskyj e del sindaco di Kiev Vitalij Klyčko, e le registrazioni audio dei prigionieri russi che chiamano i genitori. Gli ucraini sono diventati maestri nel condurre la guerra dell’informazione.
Per la propaganda russa ogni atto di eroismo dei soldati ucraini ripreso sui mezzi d’informazione di tutto il mondo è un colpo durissimo: dall’orgogliosa risposta “Nave russa, vai a farti fottere” dei militari che difendevano l’isola dei Serpenti, nel mar Nero, ai soldati che sono morti per fermare l’avanzata russa, fino alla storia del pilota di aerei da caccia che nelle prime ore di guerra avrebbe abbattuto sette velivoli russi. Questa volta la verità è stata più efficace delle bugie.
Sembra inoltre che la Russia stia perdendo in un campo in cui fino a poco tempo fa non era seconda a nessuno. Negli ultimi anni gli hacker russi hanno colpito più volte l’Ucraina, riuscendo a paralizzare istituzioni chiave del paese o privando dell’elettricità centinaia di migliaia di residenti di Kiev. La guerra informatica doveva essere anche un elemento chiave della campagna in corso: poco prima dell’invasione, i computer delle banche ucraine hanno individuato un software che avrebbe dovuto cancellare i loro dati e mettere in ginocchio il sistema finanziario del paese. Ma non è successo niente del genere. La maggior parte delle città ucraine ha ancora l’elettricità, internet funziona, le ferrovie anche e le istituzioni più importanti non sembrano essere state indebolite dagli attacchi informatici.
Al contrario, stavolta sono i russi a esserne vittime. Il governo di Kiev ha lanciato una richiesta di sostegno e dopo poche ore hanno risposto circa cinquecento informatici ucraini. E non sono stati i soli: poco dopo aver dichiarato guerra a Putin, il gruppo Anonymous ha reso pubblica un’enorme mole di dati sottratti al ministero della difesa russo. Come se non bastasse, gli hacker riescono regolarmente a disturbare o addirittura a oscurare diversi siti russi, inclusi quelli del Cremlino, dell’azienda energetica Gazprom, di grandi banche e altre istituzioni nazionali. Sono riusciti a paralizzare, tra gli altri, i computer del ministero dei trasporti e delle forze spaziali russe.
Con Google e Tinder
Allo stesso tempo i russi sono anche vittime di attacchi online completamente nuovi, per i quali probabilmente erano impreparati. I segnali iniziali che l’invasione dell’Ucraina era cominciata sono arrivati ancor prima che il presidente Vladimir Putin annunciasse l’operazione e prima che i carri armati entrassero in territorio ucraino. I ricercatori del Middlebury institute of international studies in California avevano notato che a Belgorod, a quaranta chilometri dal confine ucraino, alle 3.15 ora locale si stavano formando delle colonne di mezzi. Insomma, è bastato osservare Google maps per rilevare il movimento delle truppe russe.
A quanto pare, i servizi segreti ucraini hanno perfino usato Tinder per ottenere dati sui movimenti delle truppe. Grazie all’app di incontri hanno tracciato la posizione dei soldati russi che l’avevano installata sui loro telefoni. Questa mossa potrebbe servire anche a raccogliere informazioni in caso ai militari russi venisse voglia di contattare delle donne ucraine durante l’invasione. ◆ dp
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Questo articolo è uscito sul numero 1450 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati