Centinaia di genitori, fratelli, figli e altri familiari si sono riuniti il 6 ottobre nella sala eventi Hangar 11 di Tel Aviv per una cerimonia commemorativa delle famiglie che hanno perso i loro cari durante il massacro del 7 ottobre 2023 al festival Nova. All’esterno era stato allestito un altare dove si potevano accendere candele. Un’installazione artistica al neon appositamente commissionata, che somigliava a un albero luminoso, dava un tocco surreale accanto a un enorme schermo su cui ruotavano le immagini dei partecipanti alla festa che hanno perso la vita quel giorno.

“Non riesco a credere che è passato un anno. Sembra un sogno da cui voglio svegliarmi”, ha detto Ofri Rahum. La sorella, incinta di quattro mesi, il fidanzato della sorella e lo zio di Rahum sono stati uccisi al festival. “È come se fossero partiti per un viaggio e noi li stiamo aspettando”.

L’evento è stato organizzato dall’associazione Tribe of Nova per “rafforzare e onorare le famiglie in lutto” e commemorare le 410 persone uccise al festival Nova e in altri rave attaccati quel giorno. Le autorità israeliane affermano che almeno 364 persone sono state uccise al Nova, trasformando festival in un sinonimo di morte, distruzione e orrore.

La commemorazione all’Hangar 11 è stata una delle decine organizzate in occasione dell’anniversario dell’invasione del sud di Israele guidata da Hamas, nella quale circa 1.200 persone sono state uccise e 251 sono state portate a Gaza, scatenando l’attuale guerra tra Israele e Hamas. Secondo le autorità, a Gaza rimangono 97 ostaggi, tra cui i corpi di 33 persone considerate morte dall’esercito. Molti ostaggi sono stati rapiti al festival Nova.

Il Tribe of Nova è stato fondato dal personale sopravvissuto subito dopo il 7 ottobre e “nell’ultimo anno ha realizzato centinaia di eventi e attività”, ha detto Sarel Botavia, uno degli organizzatori.

A differenza di altre, la cerimonia all’Hangar 11 non era aperta al pubblico. Parlando agli altri parenti, Orin Zach-Gantz, madre di Eden Zacharia, uccisa al festival, ha detto : “Mi chiedono come ci si sente dopo un anno, ma io sono ancora ferma al 7 ottobre. Il mondo va avanti, ma per me il tempo si è fermato”. Mishel Iluz, rappresentante del Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi, è il padre di Guy, rapito al festival e poi morto a Gaza. Iluz ha sollecitato un accordo con Hamas: “Non abbiamo fatto abbastanza come paese, e certamente non l’ha fatto il governo, per riportare a casa i nostri figli”. Iluz ha chiesto al premier Benjamin Netanyahu di interrompere le operazioni di salvataggio che mettono in pericolo i soldati e gli ostaggi, chiedendo invece “un accordo immediato” per ottenere la restituzione delle persone rapite e dei corpi di chi è morto prigioniero.

Fare di tutto

All’evento era presente una delle poche persone salvate dall’esercito israeliano, Noa Argamani, che ha parlato del suo rapimento. Il video di quel momento, in cui su una moto di Hamas tendeva la mano al suo fidanzato Avinatan Or, ancora prigioniero a Gaza, ha fatto il giro del mondo. Era la prima volta che Argamani parlava in pubblico di quello che le è successo.

Ha ricordato che lei e Or, insieme ad altri amici, erano arrivati al festival alle 4.30 del mattino. Alle 6.30 era cominciato l’attacco e loro hanno cercato di fuggire in macchina: “Abbiamo guidato verso l’uscita e all’improvviso ci hanno sparato addosso”. Separati dagli amici, che sono stati uccisi, Argamani e Or si sono nascosti tra gli alberi per ore finché “i terroristi non ci hanno trovati”. È stata l’ultima volta che ha visto il fidanzato. “Poco dopo mi sono ritrovata nella Striscia di Gaza, dove ho vissuto nella paura, in condizioni estreme, per 246 giorni”. Quando è stata salvata in un’operazione dell’esercito a giugno, “ho riavuto la mia vita, ma solo allora ho capito la portata del disastro”, ha detto Argamani. “Dobbiamo fare di tutto per restituire i rapiti vivi alle loro famiglie e i morti a una degna sepoltura in Israele”.

La resilienza e le attività della comunità del festival Nova “dovrebbero essere insegnate”, ha detto l’amministratore delegato di Tribe of Nova, Solly Laniado. “Ci sono persone che hanno visto le cose più terribili e hanno trovato la forza di abbracciare se stesse e le altre e dire: ‘Danzeremo di nuovo, vivremo di nuovo’”. ◆ dl

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Questo articolo è uscito sul numero 1584 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati