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Strage a Kabul nell’attentato al reparto maternità di un ospedale

Operatori sanitari di Medici senza frontiere sopravvissuti all’attentato, Kabul, Afghanistan, 12 maggio 2020. (Hedayatullah Amid, Epa/Ansa)

Stavolta a commettere un crimine abominevole non è stato un virus invisibile, sono stati uomini in carne e ossa.

La mattina del 12 maggio un gruppo di uomini armati ha attaccato un grande ospedale in un quartiere a ovest di Kabul, la capitale afgana, aprendo il fuoco in tutti i reparti, in particolare in quello di maternità. Il bilancio dei morti è terribile: due neonati e altre quindici persone. Madri che avevano appena partorito, infermieri…

Poche ore dopo, nella zona orientale del paese, un kamikaze si è fatto esplodere al passaggio del corteo funebre di un capo della polizia locale. Anche in questo caso il bilancio è grave: ventiquattro morti.

Questi attentati, soprattutto l’attacco al reparto di maternità gestito dalla ong Medici senza frontiere, hanno suscitato un forte turbamento anche in un paese ormai abituato alle atrocità.

L’ultimo arrivato
Shaharzad Akbar, presidente della commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan, si è commossa all’idea che i primi suoni uditi dai neonati siano stati quelli delle raffiche di kalashnikov. “La loro vita, come la nostra, continuerà a essere forgiata dalla guerra?” si è chiesta su Twitter, temendo senza dubbio che la risposta sia affermativa.

Chi è il responsabiledi questi crimini? Nessuno ha ancora rivendicato i due attentati. Significativamente, i taliban si sono addirittura affrettati a proclamare la propria innocenza.

Chi altri allora? Resta l’ultimo arrivato, il gruppo Stato islamico (Is). I jihadisti, sconfitti in Siria e in Iraq, hanno fatto proseliti in Asia e in Africa, e in particolare in Afghanistan, dove l’organizzazione conterebbe alcune migliaia di combattenti.

Il processo di pace profilato a marzo si è immediatamente arenato

L’Is ha già commesso e rivendicato numerosi attentati, in una sorta di escalation con i taliban. In particolare l’organizzazione sta colpendo la minoranza hazara, considerata “eretica”. Gli hazara sono molto presenti nel quartiere colpito il 12 maggio a Kabul.

Questi episodi di violenza si verificano in un contesto in cui sembrava emerso un certo clima di pace. Solo a marzo (sembra passata un’eternità) gli Stati Uniti avevano firmato un accordo con i taliban, aprendo la strada al ritiro delle loro ultime truppe dall’Afghanistan.

Ma il processo di pace si è immediatamente arenato. La prima tappa avrebbe dovuto essere la liberazione dei prigionieri taliban, ma il governo di Kabul, emarginato dagli Stati Uniti, si è opposto.

Gli afgani avevano accolto con gioia questa ipotetica pace, nonostante temessero un ritorno al potere dei taliban a Kabul, con tutto ciò che questo comporta, in particolare per le donne.

Gli ultimi due attentati ci ricordano che la pace è soltanto una chimera. Donald Trump pensa unicamente a ritirare le truppe prima delle elezioni, e nulla viene stabilito nell’interesse dell’Afghanistan, abbandonato ai propri demoni.

Tutta questa violenza fa quasi dimenticare il covid-19, che pure ha duramente colpito l’Afghanistan. Secondo i dati ufficiali i casi sono circa cinquemila, ma è probabile che i malati siano molti di più. Comunque sia, i carnefici del reparto maternità di Kabul sono riusciti a far sembrare il virus inoffensivo in confronto alle loro atrocità.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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