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Il Mali chiede la revisione degli accordi militari con la Francia

Il capitano francese François Xavier nella base di Gao, nel nord del Mali, 4 dicembre 2021. (Thomas Coex, Afp)

Il divorzio non è ancora sancito, ma è stato compiuto un ulteriore passo nella crisi in corso tra il governo maliano e la Francia, anche se ormai il Mali è in contrasto anche con i principali vicini africani.

Il 18 gennaio Parigi ha confermato di aver ricevuto la richiesta di una revisione degli accordi militari che regolano la presenza delle forze francesi in Mali. La richiesta è in corso d’esame, ha precisato il ministero degli esteri senza aggiungere alcun commento.

La revisione degli accordi è il punto d’arrivo di un processo di degrado dei rapporti franco-maliani che allo stato attuale sembra difficile da arrestare. La crisi è legata parallelamente alla natura del regime maliano, alle sue alleanze internazionali, alle difficoltà nella lotta contro i jihadisti e infine, aspetto ancora più complesso, all’eredità coloniale francese.

Come ha spiegato su Tv5-Monde la politologa Niagalé Bagayoko, “esiste un risentimento latente, che è sempre stato presente ma che non ha impedito che la Francia venisse accolta a braccia aperte quando è intervenuta nel 2013”.

Punto di rottura
Tutto questo può portare alla partenza dei francesi dal Mali? Per molto tempo le autorità francesi non hanno creduto a questa possibilità, ma oggi è uno scenario reale. Naturalmente sarebbe un fallimento dalle pesanti conseguenze.

Alla vigilia di Natale si ipotizzava ancora un viaggio del presidente francese Emmanuel Macron a Bamako per incontrare il leader della giunta, il colonnello Assimi Goïta. Ma era un errore di valutazione, perché il punto di rottura era già stato raggiunto.
Il punto era stato superato a maggio, con il secondo colpo di stato in Mali nel giro di pochi mesi, quello che ha portato al potere il colonnello. La Francia, come i paesi africani, ha preteso che la giunta mantenesse il calendario del ritorno alla vita civile, con elezioni in programma a febbraio del 2022. I leader militari, invece, hanno deciso autonomamente, annunciando una transizione di cinque anni.

Che lo strappo fosse ormai impossibile da ricucire è stato confermato quando hanno iniziato a circolare le voci sull’arrivo in Mali dei mercenari della società russa Wagner, vicina al Cremlino. Parigi ha fatto presente che non era disposta ad accettarlo, ma i russi sono ormai presenti in Mali e gli avvertimenti francesi non hanno avuto alcun effetto. La crisi è conclamata.

Dopo nove anni di intervento francese, si tratta di un fallimento politico più che militare, anche se è l’aumento dell’insicurezza ad aver prodotto la crisi attuale, intaccando la credibilità francese.

Il 14 gennaio, su invito della giunta, la popolazione è scesa in piazza per protestare contro le sanzioni imposte dai paesi vicini. Diversi slogan chiedevano la partenza dei francesi. Il colonnello Goïta, come un nuovo Patrice Lumumba, è diventato l’eroe di un fronte antimperialista di cui fa le spese la Francia.
Comunque vada, dopo l’Afghanistan l’anno scorso, gli eventi in Mali suonano la campana a morto degli interventi militari occidentali di questo tipo. È il momento di trarne le dovute conclusioni.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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