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I congolesi stretti fra la minaccia del Ruanda e l’indifferenza

Persone in fuga dal territorio di Masisi, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, il 7 febbraio 2024. (Aubin Mukoni, Afp)

C’è un conflitto in corso nell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), al confine con il Ruanda e l’Uganda. Gli scontri hanno provocato l’esodo di milioni di civili e la morte di migliaia di persone, e lo stupro è stato usato come arma di guerra. Le ostilità coinvolgono diversi gruppi armati ed eserciti nazionali, oltre ad alcuni mercenari romeni che in passato facevano parte della legione straniera francese. Tutto questo in una regione ricca di minerali come il coltan, indispensabile per produrre i telefoni che tutti noi teniamo in tasca.

Ma questo cocktail tragico non racconta tutta la storia. Oggi due paesi, il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo, sono sull’orlo dello scontro diretto. La crisi regionale è per molti aspetti una conseguenza del genocidio dei tutsi in Ruanda, nel 1994. All’epoca gli hutu, accusati dei massacri, erano fuggiti in Congo. La loro presenza, e quella del loro gruppo armato, è una fonte di conflitto tra i due paesi.

Ma lo scontro va oltre questa dinamica. Il Ruanda è apertamente accusato di sostenere i ribelli del gruppo armato M23, che minaccia Goma, il capoluogo della provincia del Nord Kivu. L’M23 è anche sospettato di rubare le risorse naturali del paese vicino.

Per molto tempo il Ruanda si è nascosto dietro le smentite ufficiali. Nessuno, fatta eccezione per l’impotente governo di Kinshasa, osava mettere in dubbio questa versione. Ma ormai una serie di rapporti degli esperti dell’Onu e, novità, anche la Francia e gli Stati Uniti, puntano il dito senza esitazioni contro il Ruanda.

In un comunicato diffuso il 20 febbraio, il ministro degli esteri francese ha condannato esplicitamente “gli attacchi dell’M23 con il sostegno del Ruanda e la presenza di forze ruandesi in territorio congolese”. La vicenda è piuttosto delicata, perché la Francia si è da poco riconciliata con il Ruanda di Paul Kagame dopo un lungo lavoro d’inchiesta sul ruolo di Parigi durante il genocidio.

Ma se la Francia avesse continuato a esitare, avrebbe rischiato di perdere su tutti i fronti. Il 19 febbraio a Goma alcuni manifestanti hanno bruciato le bandiere francesi e statunitensi per protestare contro l’indifferenza dell’occidente.

Sul campo la situazione militare è critica. Goma è direttamente minacciata dall’offensiva dell’M23. Il governo congolese è sostenuto dalle truppe di altri paesi, tra cui centinaia di soldati sudafricani appena arrivati nell’Rdc, che hanno registrato due morti tra i loro ranghi.

Qualche giorno fa il presidente congolese Félix Tshisekedi e Kagame si sono incontrati a margine del vertice dell’Unione africana di Addis Abeba, sotto l’egida dell’Angola. Ma il faccia a faccia è durato poco.

Trent’anni di conflitti vissuti tra alti e bassi, con milioni di vittime, non si risolvono facilmente. Mentre altre guerre attirano l’attenzione del mondo, l’Africa cerca di risolvere la situazione con le sue risorse limitate. Nell’attesa dei prossimi sviluppi, milioni di civili subiscono le conseguenze di questa guerra, nell’indifferenza generale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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