27 ottobre 2015 12:52

“Il mio è stato il sequestro numero 16. In quei momenti senti più l’impotenza e il coraggio che la paura”, dice il giornalista messicano Luis Cardona, rapito e torturato nel 2012 nello stato di Chihuahua, nel nord del paese, quando dirigeva un giornale locale.

Luis Cardona aveva pubblicato una serie di inchieste per denunciare le bande di narcotrafficanti che rapivano i giovani poveri per farli lavorare nei campi. Molti di loro poi venivano uccisi.

Insieme ad altri due giornalisti fuggiti a Città del Messico, il disegnatore Rafael “Rapé” Pineda e Leopoldo Hernández, Cardona racconta in questo documentario animato la storia del suo sequestro, uno dei pochi che non si è concluso con la morte del rapito.

Il Messico è uno dei paesi più pericolosi del mondo per fare il giornalista. Secondo l’organizzazione Reporters sans frontières, dal 2000 sono stati uccisi più di cento professionisti dell’informazione e almeno 17 sono scomparsi. Inoltre, la brutalità dei sequestri e delle minacce che subiscono i reporter ha provocato un aumento dell’autocensura. Molti giornalisti sono costretti a lasciare i loro stati di origine e a rifugiarsi a Città del Messico, la capitale.