01 settembre 2016 10:30

Abu Muhammad al-Adnani era il numero due del gruppo Stato islamico (Is). I servizi segreti occidentali lo avevano soprannominato “ministro degli attentati” perché era il finanziatore e il capo della propaganda dello Stato islamico, a partire da quelli che hanno colpito la Francia verso cui provava un odio profondo. Il 30 agosto è morto in una vettura colpita da un drone statunitense, e la sua scomparsa è un segnale forte dell’arretramento dei jihadisti. Bombardato dalla coalizione internazionale formata dagli Stati Uniti e attaccato sul campo dalle milizie curde armate e finanziate dagli americani, l’Is arretra in Iraq, in Siria e perfino in Libia, dove i suoi uomini stanno per perdere il porto petrolifero di Sirte.

L’Is non costituirà il nuovo stato sunnita sognato dai suoi dirigenti a cavallo della frontiera tra Iraq e Siria. Presto dovrà evacuare le città irachene e siriane di cui i suoi combattenti si sono impadroniti. Sulla carta è virtualmente sconfitto, ma prima che sia tutto finito bisogna risolvere due problemi.

Lasciare solo la scelta di ritirarsi
Il primo è che dal punto di vista umanitario è sconsigliabile bombardare Mosul e Raqqa, le città in Iraq e in Siria trasformate nelle capitali dell’Is, perché a pagare il prezzo dell’azione militare sarebbe una popolazione civile che ha già sofferto enormemente per l’occupazione jihadista. In questo caso non si può scegliere la via dell’offensiva militare brutale. Sarebbe meglio privare i jihadisti del loro approvvigionamento e non lasciargli altra scelta se non quella della ritirata, come già accaduto nelle città meno importanti. Ci vorrà del tempo, più di quanto farebbe pensare l’attuale rapporto di forze.

Il secondo problema è ancora più complesso, e riguarda il controllo di queste città dopo la liberazione. In Iraq, Mosul è una città storicamente curda che il regime di Saddam Hussein aveva popolato di sunniti per controllarli meglio e che oggi i curdi iracheni vorrebbero recuperare mentre gli sciiti non vogliono lasciarla ai curdi così come non volevano lasciarla ai sunniti.

La sconfitta dell’Is è così vicina che già si litiga sulle sue spoglie

Alle porte di Mosul si gioca una battaglia nella battaglia, e la situazione non è diversa a Raqqa, città che i curdi siriani in guerra sul campo contro l’Is vorrebbero trasformare in un bottino di guerra, mentre i sunniti che la popolano non intendono perderla e la Turchia non ha alcuna intenzione di vederla passare in mano ai curdi. Per questo l’esercito di Ankara è entrato in Siria: nel tentativo di scongiurare la formazione di un territorio curdo la cui indipendenza potrebbe rafforzare l’irredentismo dei curdi dell’Anatolia turca.

La sconfitta dell’Is è così vicina che già si litiga sulle sue spoglie, e queste dispute (al plurale, perché sono molte) non fanno altro che ritardare l’annientamento dello Stato islamico e complicano le operazioni militari. E purtroppo questo significa che il tempo degli attentati jihadisti non è ancora finito.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Bernard Guetta sarà al festival di Internazionale a Ferrara dal 30 settembre al 2 ottobre 2016.

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