22 febbraio 2017 17:35

Gentile bibliopatologo,
ho l’impressione che, stretti l’un l’altro sugli scaffali, i libri conversino tra loro. Al momento sono suddivisi in narrativa italiana e straniera, con alcuni ripiani dedicati ad arte, graphic novel e fumetti, infanzia, viaggi ecc. Sono quasi sicura che a DeLillo e Dostoevskij non manchino gli argomenti, come pure ad Asimov e Arendt, ma Brizzi e Buzzati andranno d’accordo? Non credo proprio, anzi sono quasi sicura che il secondo rivolga la parola solo a Cacucci. Insomma, dovrei riordinare le mie letture secondo altri criteri? In attesa di un suo esperto parere, chiudo la porta dello studio e lascio i volumi a darmi come al solito il dorso, in compagnia di loro stessi.

– Alice S., Verona

Cara Alice,
non solo i libri conversano, fanno anche di peggio. Il regolamento di una biblioteca inglese, nel 1863, raccomandava questa severa precauzione contro la promiscuità e il concubinaggio: “Le opere degli uomini e quelle delle donne per decenza siano tenute separate e poste su scaffali lontani. La loro vicinanza è inammissibile a meno che gli autori non siano sposati”. Lo racconta Jacques Bonnet in un piccolo libro che ti sarà prezioso, I fantasmi delle biblioteche. Bonnet cita anche una pagina dello scrittore messicano Alberto Ruy Sánchez:

Si dice che se di notte si lasciano fianco a fianco, in certe sezioni molto gradevoli della biblioteca di Mogador, due libri con qualche affinità, al mattino se ne trovano tre.

Tu pensi che i libri ti diano semplicemente il dorso e quelli invece fanno, per usare una bella metafora francese, la bête à deux dos, l’animale con due dorsi. Con rispetto parlando, si accoppiano.

Ma tenere lontani due libri che vogliono amoreggiare è una fatica vana, come imporre la castità a una coppia di adolescenti in subbuglio ormonale. Richiudi dietro di te la porta dello studio e mettiti a dormire tranquilla: male che vada, al risveglio, troverai un libro in più, o un’intera cucciolata di volumetti. Certo, perché non nascano creature deformi è bene adottare fin dall’inizio un buon criterio di classificazione. Aby Warburg ridisponeva continuamente i libri della sua biblioteca in base a una misteriosa “legge del buon vicinato”, un sistema di simpatie occulte e di corrispondenze che poteva lasciare sconcertato il visitatore. Ma anche senza arrivare a tanto, ti consiglio di abbandonare l’ordine alfabetico, astratto criterio da censimento che genera equivoci, malcontenti e afflizioni. DeLillo e Dostoevskij avranno certo qualcosa da dirsi, ma non conoscono l’uno la lingua dell’altro e finiranno per esprimersi a gesti (pensa che spreco); per giunta, se il russo scoprisse che Underworld si può tradurre con “sottosuolo”, potrebbe nascerne una contesa legale o, peggio, una nuova guerra fredda.

Asimov e Arendt, al contrario, secondo me se la spassano. Immagino le loro conversazioni fino a tarda notte: si può spiegare Adolf Eichmann a partire dalle tre leggi della robotica? L’utopia totalitaria è una forma scadente di fantascienza? Passerei ore ad ascoltarli acquattato nell’ombra; ma sarei in pena per il povero Buzzati, che stretto in quella morsa avrà tentato chissà quante volte di buttarsi giù dallo scaffale. Certi accoppiamenti sono davvero poco giudiziosi. Una volta, in libreria, mi toccò spezzare l’infernale catena Gadda-Gamberale-Goethe. Spostai l’intrusa poco più in là, accanto a Gramellini. Pare si siano trovati bene.

Fatti dunque paraninfa per gli amori che è giusto benedire, consola i libri sventurati finiti in cattive compagnie, non dare occasione a bibliogamie imprudenti che minacciano parti mostruosi. E soprattutto, usa ogni sforzo diplomatico per prevenire le guerre. Tre secoli fa, Jonathan Swift provò a sventare la battaglia tra libri Antichi e Moderni nella Biblioteca di St. James. Prevedendo tafferugli sugli scaffali, suggerì di “tenere accoppiati i campioni delle opposte fazioni, o tutt’al più mescolati, in modo da neutralizzarsi a vicenda con la loro stessa malignità, come si annullano, mescolandoli, i veleni dagli effetti antitetici”. Il suo consiglio non fu ascoltato, e scorsero fiumi d’inchiostro. The Battle of the books è il resoconto della storica battaglia di quel venerdì del 1704. Fanne buon uso.

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