03 ottobre 2017 18:34

“Con tutta questa energia potremmo risolvere i grandi problemi nel mondo”. Chiara Lalli, giornalista, bioeticista e autrice del libro Non avrai altro dio all’infuori di te. Siamo tutti Manuel Fantoni parla della potenza dell’odio di chi usa la rete per insultare. Lo fa assieme a Kyrre Lien, fotogiornalista e videomaker norvegese, al Festival di Internazionale. L’incontro è moderato da Claudio Rossi Marcelli.

Lalli legge alcune delle offese ricevute online. Gli insulti non la feriscono: anzi, ai commentatori a volte risponde. Siamo tutti potenziali haters e chissà cosa diremmo “se magari non intromettessimo quei minuti di ragionamento quando sentiamo lo stimolo che ci poterebbe a scrivere in internet”, sottolinea la giornalista.

Chi odia in media è un uomo di mezza età e cultura medio bassa, ma dietro ad un computer può sorprendentemente nascondersi chiunque, come appare chiaro nel documentario di Lien Internet Warriors (I guerrieri di internet) – in italiano sul sito di Internazionale. “Credo sia importante fare una distinzione su chi si esprime online” afferma il fotogiornalista. Il distinguo è tra le persone piene di odio e chi si sente trascurato ed usa la rete per gridare la propria delusione. “Dobbiamo renderci conto che forse queste opinioni spesso non vengono rispettate” continua Lien, che per realizzare Internet Warriors ha raccolto informazioni per diverse settimane sui protagonisti del suo documentario, li ha raggiunti e convinti a raccontarsi davanti alle telecamere. Si tratta di persone normali, a volte insospettabili, spesso contraddittorie, che grazie alla facilità di accesso e all’anonimato che la rete assicura si sentono liberi di sfogare la propria rabbia online. Con l’aggiunta di narcisismo ed autocompiacimento- prosegue Lalli - il gioco è fatto.

Un capitolo a parte riguarda l’odio delle donne e per le donne. La rabbia non ha genere, ma le offese dirette alle donne sono spesso di tipo sessuale, molto più dirette e non necessariamente questi insulti partono da uomini, come emerge nella ricerca di Lien.

Cosa fare per contrastare la società dell’odio che stiamo forse diventando? Spesso è necessario far passare un po’ di senso di ironia e del ridicolo, osserva Lalli, che non crede nelle vie legali. Secondo Lien è un errore combattere gli haters nella rete; c’è bisogno di un confronto faccia a faccia: chi riceve feedback negativi online spesso dimostra una maggiore polarizzazione nelle posizioni. E ricorda un disoccupato che incontrò qualche anno fa,“una delle persone più arrabbiate online”. “Parlava della società occidentale come la migliore del mondo”, racconta Lien. Poi, per lavoro, è entrato in contatto con alcuni profughi ed ora afferma: “ Se oggi incontrassi me stesso in un forum probabilmente litigheremmo. Strano come le cose possano cambiare in questo modo”.

30SET 201712.05La libertà a fumetti: Tomorrow, Morales e Doğan“Mio nonno una volta mi ha detto: ‘Smettila di lamentarti e datti da fare per il tuo mondo’”. Così Ramsés Morales Izquierdo, disegnatore satirico cubano, riassume al Festival di Internazionale l’idea che, a suo parere, muove l’America. Assieme a lui, il disegnatore satirico statunitense Tom Tomorrow e l’artista vignettista turco-belga Ismail Doğan, sfogliando alcuni dei propri lavori, parlano di satira, censura e libertà.

Tre Paesi diversi messi a confronto; tre stili e tre modi di fare satira distanti tra loro ed un obiettivo comune: la libertà di espressione. Tom Tomorrow spiega che nemmeno in un paese apparentemente libero come gli Stati Uniti la situazione è rosea. “Dopo l’11 settembre c’è stato un periodo brutale; l’amministrazione Bush ha approfittato del momento per dichiarare guerra all’Iraq. Le persone che critico sono quelle che vendono le armi, così ho subito minacce”.

Per Morales un pericolo tangibile che rischia di uccidere il buon giornalismo è l’autocensura, la “polizia che abbiamo nei nostri stessi cervelli” o che fa rimanere un paese nel silenzio, mentre è necessario connettersi gli uni agli altri, parlare. Morales ricorda paesi come la Cina, in cui la libertà di espressione è fortemente limitata. E parla di Turchia.

Ne parla anche Ismail Doğan, che nelle sue vignette ha un approccio molto più duro. Ha un nemico molto violento e l’unico modo per affrontarlo è usando la matita come arma. Il suo nemico si chiama Erdogan. Il vignettista denuncia il doppio gioco che il dittatore ingaggia con ISIS e Europa. Ma la satira di Doğan si rivolge anche all’estremismo religioso, alle indicazioni “halal” sul sesso e all’assenza di libertà delle donne nel Paese da cui è dovuto scappare. “In Belgio mostrano in TV le mie vignette; in Turchia le avrei disegnate sui muri della prigione” osserva Doğan, che non è sfuggito alle minacce nemmeno in terra belga, dove è presente una comunità turca molto numerosa.

La libertà di espressione è in troppi luoghi in pericolo. Morales, che ora vive in Svizzera, afferma: “A Cuba non abbiamo una tradizione democratica; ecco perché i giovani non capiscono per quale motivo o cosa votare. Noi dobbiamo farglielo capire. Sennò immaginate cosa succederebbe. Quello che in USA è successo con Trump” e aggiunge: “Noi vignettisti dobbiamo tenere viva la luce dei nostri punti di vista e delle nostre speranze, almeno per mostrare che noi siamo lì”.

Si unisce alla visione anti-Trump Tomorrow, che spiega come sia stato complicato creare la caricatura di una persona che di per sé è una caricatura vivente. “La sola ragione per cui Trump ha tanto successo è che non si vergogna di nulla” e ricorda:”Ero qui sei anni fa e voi ridevate di Berlusconi. Come dire, il Karma esiste. Adesso è il turno nostro”.

Silvia Pavanetto, studentessa del Master di Giornalismo e Comunicazione scientifica dell’Università di Ferrara, volontaria all’ufficio stampa del festival

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