Sono arrivato a Ferrara ieri sera. Ho lasciato una Roma solitamente impazzita dal traffico da pioggia – su via Bissolati, mentre andavo verso Termini a prendere il treno, la normalità dell’apocalisse romana era ben simboleggiata da un tappeto di enormi arance marce cadute dagli alberi sui marciapiedi – e sono allunato in questa città immobile, deserta, pronta, apparecchiata, con il centro privo di macchine, le file di sedie già posizionate per gli incontri davanti ai palchi allestiti sotto un cielo che, al contrario di quello che dice il meteo, non promette pioggia.
Una delle regole cardinali che fin dagli anni sessanta si insegnano ai corsi di scrittura è di non usare il facile trucco di parlare del tempo atmosferico quando vuoi parlare del mondo, ma è vero, riflettevo, che negli anni sessanta non avevano ancora a che fare con il riscaldamento globale, le trasformazioni climatiche permanenti e un mondo sostanzialmente antropizzato; l’ostilità tra uomo e natura era raffigurata dai grafici del Club di Roma sulla sovrappopolazione e lo sfruttamento delle risorse, in cui si profetizzava che se si fosse continuato a quel tasso di sviluppo industriale il nostro pianeta e i suoi abitanti soprattutto avrebbero avuto vita breve.
Esistiamo ancora, noi genere umano ma il cambiamento climatico sarà sicuramente uno dei temi che carsicamente attraverserà il festival. È molto probabile che ne parlerà stasera l’antropologo Jared Diamond nel suo incontro con Marino Sinibaldi dedicato a un tema solo apparentemente distante: le diseguaglianze sociali. E capiterà di discuterne anche in modo informale a cena o durante una pausa caffè.
Così ieri per esempio, dopo essermi presentato a Khalid Albaih - il cartoonist sudanese protagonista insieme a Howard French, Sams’K Le, Medhin Paolos di un evento stamattina alle 11 sull’Africa inaspettata - ci siamo messi a parlare del tempo.
Khalid vive a Doha in Qatar sei mesi l’anno. “Come fai a abitare in una città dove vuoi stare solo in luoghi con l’aria condizionata?”, gli ho chiesto. “Ti abitui. Le persone si abituano a vivere nelle condizioni più singolari”.