Centomila persone hanno manifestato la mattina del 13 febbraio davanti al parlamento israeliano a Gerusalemme (nella foto) contro il progetto di legge per riformare il sistema giudiziario, accusato di aumentare il controllo del potere politico sulla magistratura. Il quotidiano Haaretz spiega che la protesta è stata organizzata mentre il comitato parlamentare per la costituzione, la legge e la giustizia della knesset, il parlamento israeliano, votava due disposizioni del testo presentato dal governo: una consentirebbe ai politici di avere più influenza sulla nomina dei giudici della corte suprema; l’altra renderebbe più facile per una maggioranza parlamentare semplice rovesciare le sentenze del tribunale. Dopo l’approvazione del comitato, avvenuta nonostante le tensioni con alcuni esponenti dell’opposizione, le proposte andranno alla knesset per la prima di tre letture. Non è ancora chiaro quando saranno votate. Secondo il sito di attivisti israeliani Mekomit, la sfida più grande di questo nuovo movimento contro il governo di estrema destra israeliano è come rendere il dissenso “più diretto” e incisivo. Inoltre, la manifestazione del 13 febbraio si è caratterizzata, come già successo nelle proteste delle scorse settimane, per la “completa assenza di cittadini arabi, che in ogni caso non avrebbero trovato il loro posto nel mare di bandiere israeliane”. Il giornalista Oren Ziv scrive: “Il fatto che la questione palestinese e i cittadini arabi non compaiano sul palco e non siano neanche citati nei discorsi è una negazione della realtà e forse addirittura una negazione di quello che vogliono i manifestanti, o almeno alcuni di loro”. Intanto il 12 febbraio il governo israeliano ha approvato la legalizzazione di dieci avamposti di coloni ebrei nella Cisgiordania occupata. La decisione è stata presa in risposta a una serie di attacchi compiuti da palestinesi contro israeliani a Gerusalemme Est. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati