Nel suo nuovo album la londinese Anna B Savage è interessata a dissezionare la fine di una relazione tossica e dolorosa. Ma nel corso di in/Flux si capisce che in questo disco non si descrive nei dettagli cos’è successo, ma si parla dell’incapacità di lasciarsi la vicenda alle spalle. in/Flux affronta il groviglio di emozioni terribili che consumano e creano dipendenza, così grandi da non sapere bene come affrontarle. Anna B Savage però non cerca di districarle, ma le racconta con una straordinaria abilità e profondità. Anche quando i brani virano verso ritmi più sereni, l’ansia e il panico s’insinuano in maniera sottile. Prendiamo Say my name, che lentamente si trasforma in un turbinio musicale snervante e intenso mentre Savage implora “presto, qualcuno dica il mio nome”. Per la maggior parte del tempo la scrittura della cantautrice fa appello alle forze della natura, invocando il pericoloso conforto di elementi selvaggi. Il suo immaginario è femminile, enfatico, feroce e contenuto in una dimensione tra il sogno e la realtà. Nel brano di apertura, The ghost, Savage riesce nell’impresa di rendere poetiche le unghie dei piedi e segna uno dei momenti più emotivi del disco. A una prima impressione in/Flux sembra alienante e inquietante ma richiede più ascolti, perché con determinazione, passione e istinto di sopravvivenza, gli stessi sentimenti di cui parla il disco, ci arrenderemo alla sua eccellenza.
Ims Taylor, The Line of Best Fit

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Questo articolo è uscito sul numero 1501 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati