Nel quinto album di Huw Evans con lo pseudonimo H. Hawkline viene tirato lentamente giù un muro fatto di assurdità e sostenuto da un art pop vintage meraviglioso. Scritto in un periodo doloroso, questo lavoro mostra un’armatura, quella dell’autore, che alla fine si rivela debole. Milk for flowers comincia subito con i due pezzi più ritmati, per poi approdare in una terra di mezzo tra Sgt. Pepper’s e Perfume Genius, probabilmente anche per merito della produzione curata dalla collega Cate Le Bon. Gradualmente i toni scherzosi e spavaldi lasciano spazio a qualcosa di più fosco e comincia la lenta distruzione di quel muro, mattone dopo mattone. Tra pianoforti vivaci e assoli di chitarra alla Paul McCartney, in Like you do l’artista gallese ammette di avere il cuore a pezzi e di essere geloso di chi se la cava meglio di lui, mentre in Mostly si sofferma sulla sua mortalità. Evans ha bisogno di cantare ed è anche così che comunica il suo nonsense. Se l’album parte con la spavalderia di chi ride perché si è rotto il naso, finisce con una riflessione sulla maglietta insanguinata. Vale la pena di conoscere H. Hawkline, un artista vulnerabile, e più a suo agio con il disagio.
Jake Crossland, Loud and Quiet

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Questo articolo è uscito sul numero 1503 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati