Quando nel 1833 cominciò a scrivere il suo concerto per piano, la pianista prodigio Clara Wieck (non aveva ancora sposato Robert Schumann) aveva quattordici anni; quando lo finì ne aveva sedici. Come compositrice Clara non aveva ancora la raffinatezza di Felix Mendelssohn, un altro giovane prodigio (fu lui a dirigere la prima esecuzione del concerto, a Lipsia), ma era più avventurosa. Combinando un tono da improvvisazione libera e una rigorosa organizzazione tematica, e con la sorprendente scelta di sostituire il secondo movimento con una lunga cadenza (dove, per aggiungere un’altra sorpresa, al piano si unisce un violoncello solista), il concerto coglie in contropiede anche l’ascoltatore di oggi. Beatrice Rana è in grandissima forma. C’è sempre il suo splendido tocco, una fusione di varietà dinamica, colore ed equilibrio verticale che acquista un valore particolare nel bel canto di questo lavoro. Ma c’è anche un virtuosismo trascinante, perfetto per sottolineare lo sfrontato coraggio giovanile della compositrice, che era una delle massime pianiste dell’ottocento. Per il concerto di Robert Schumann la concorrenza è sterminata, e Rana è ottima ma non sempre del tutto convincente. Non importa: se fate l’errore di trascurare questo disco perdete qualcosa di molto speciale.
Peter J. Rabinowitz, GramophoneDiapason

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Questo articolo è uscito sul numero 1505 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati