Top gun. Maverick e il nuovo Mission impossible condividono un messaggio chiaro e forte: Tom Cruise, l’unico e solo, è l’ultimo baluardo difensivo contro l’invasione dell’intelligenza artificiale. In un momento in cui i servizi di stream-ing, presi dal panico sulla redditività dei contenuti digitali, hanno cominciato a tagliare e bruciare contenuti, e mentre gli sceneggiatori di Hollywood continuano il loro sciopero, Cruise si è astutamente posizionato come la sola alternativa. Rappresenta tutto ciò che è umano di fronte a un futuro freddo e robotico. In Dead reckoning. Parte uno, Ethan Hunt è l’unico uomo in grado di sconfiggere un virus apparentemente senziente, capace di infilarsi in qualsiasi infrastruttura protetta, che siano quelle della Cia o, per dire, della Banca mondiale. La più grande risorsa del leggendario agente, il suo accesso illimitato alle tecnologie più avanzate, si è rivoltata contro di lui. Il film può sembrare fin troppo “puro” e calcolato di fronte ai più elevati blockbuster di quest’epoca (Across the Spider-verse tanto per citarne uno). Ma la semplicità in questo caso è bilanciata dalla potenza totale del marchio Cruise. E il film è un’immagine fedele della sua star: un muscolare, stravagante esempio di artigianato vecchio stile. Hunt insegue due metà di una chiave, in qualche modo connessa con l’intelligenza artificiale dietro il virus, in favolose location internazionali come Abu Dhabi, Roma e Venezia. I fedelissimi Luther (Ving Rhames) e Benji (Simon Pegg) sono sempre nelle vicinanze, e contro di lui vecchie conoscenze e nuove minacce anche non digitali. Ma comunque il film sfugge a qualche cliché dei sequel, spesso ossessionati dall’eredità dei precedenti.
Clarisse Loughrey, Independent

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Questo articolo è uscito sul numero 1520 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati