Un giorno Luc Besson ha scoperto che in inglese dog (cane) letto al contrario è god (dio). E così ecco Douglas (Caleb Landry Jones), alias Dogman, il suo nuovo esemplare di bambino maltrattato che ha solo solitudine e violenza da offrire a un mondo marcio. Trattato come un cane e ridotto in sedia a rotelle da un padre violento, Douglas si preferisce travestito da donna e vive circondato da cani la cui “unica colpa” è quella di “fidarsi degli esseri umani”. La sua via crucis, raccontata a una psicologa attraverso dei flashback, sembra un remix dei grandi successi di Besson (Nikita, Léon) con l’inserimento di elementi di moda (un cabaret di drag queen, una madre single con un ex violento) in un misticismo da fumetto pesante come la sua debilitante misantropia. Il film ha un jolly (anzi meglio un joker): Caleb Landry Jones attraversa con grazia miracolosa questo pasticcio pensato per accompagnare la riabilitazione mediatica dell’autore.
Nicolas Schaller, L’Obs

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Questo articolo è uscito sul numero 1533 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati