Confronti

Il viaggio di Macron in Cina è stato un errore?

L’iniziativa diplomatica del presidente francese è stata utile per rilanciare il dialogo con Pechino, di cui l’Europa non può fare a meno

Due temi hanno dominato la visita in Cina, dal 5 al 7 aprile, del presidente francese Emmanuel Macron, accompagnato per parte del viaggio dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: la guerra in Ucraina e le relazioni tra l’Europa e Pechino. Su nessuno dei due c’è stata una svolta. Ma questo non significa che la visita sia stata un fallimento né che sia stata inutile.

Per quanto riguarda l’Ucraina, l’Eliseo non si aspettava una svolta importante e non l’ha ottenuta. Dopo la visita del presidente Xi Jinping a Mosca a marzo, che ha consolidato un’amicizia tra Russia e Cina in cui Pechino è il partner dominante, Parigi sapeva che la Cina non avrebbe condannato l’invasione russa. Anche l’illusione di una mediazione cinese era stata abbandonata. Era tuttavia importante sottolineare i rischi che un’eventuale decisione di fornire armi alla Russia avrebbe comportato, perché avrebbe spinto la Cina nel campo dei belligeranti.

Macron e Xi Jinping, 7 aprile 2023 (Ng Han Guan, Afp/Getty)

Era anche necessario ricordare a Xi Jinping, a parole favorevole alla pace, che il presidente ucraino Volodymyr Zelenskij è ancora in attesa di una sua chiamata. Questo è stato fatto. Il leader cinese è stato anche messo di fronte alle sue contraddizioni, visto che si è rifiutato di condannare il possibile dispiegamento di armi nucleari in Bielorussia nonostante si sia dichiarato contrario alla minaccia e all’uso di queste armi.

La parte delle istituzioni europee è stata più complessa. Proponendo a von der Leyen di accompagnarlo a Pechino, Macron ha voluto dare una dimensione europea alla sua visita, dopo che il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva rifiutato la sua proposta di andare insieme in Cina a novembre. È stata una buona idea. A parte il fatto che è più comodo rappresentare 450 milioni di persone invece che 68 milioni di fronte ai dirigenti cinesi, le relazioni commerciali sono una questione di competenza dell’Unione europea. Ma farlo ha significato ignorare le trappole del protocollo di Pechino, che ha riservato al presidente francese tutto lo sfarzo di una visita di stato. Sfarzo che la presidente della Commissione non ha potuto condividere, poiché l’Unione non è uno stato. Come la Russia, la Cina preferisce trattare con i singoli paesi piuttosto che con un’ingombrante entità sovranazionale; nemmeno il discorso molto deciso sulla strategia di potenza cinese che Ursula von der Leyen ha pronunciato il 30 marzo è riuscito ad ammorbidire Xi Jinping.

Ma è poi possibile ammorbidire Xi Jinping? Dal ventesimo congresso del Partito comunista cinese, il presidente ha più potere che mai, e non fa mistero della sua ambizione di rimodellare l’ordine internazionale. Se Emmanuel Macron, ancora fiducioso nella sua capacità di seduzione nonostante i passati fallimenti con Donald Trump e Vladimir Putin, pensava di poter affascinare il leader cinese, avrà senz’altro scoperto che per riuscirci non basta certo una cerimonia del tè senza cravatta in un giardino di Canton.

La posta in gioco di questo viaggio, infatti, andava ben oltre le relazioni personali tra i due leader. Come hanno dimostrato i suoi recenti successi diplomatici con l’Iran e l’Arabia Saudita, la Cina ha un ruolo di primo piano in uno scenario globale in rapida evoluzione.

Anche l’Unione europea, senza rinnegare la sua alleanza con gli Stati Uniti, vuole affermarsi in questo contesto e sta cominciando a dotarsi dei mezzi per farlo. Nonostante il disagio e la mancanza di risultati concreti, Macron e von der Leyen hanno fatto bene a rilanciare insieme un dialogo indispensabile con la Cina. Questo rapporto dev’essere mantenuto, a patto di rimanere lucidi ed esigenti. ◆ ff

Le Monde fondato nel 1944, è uno dei più importanti quotidiani francesi, su posizioni europeiste e di centrosinistra.

L’idea francese di un’Europa autonoma dagli Stati Uniti è una pericolosa illusione che rischia di minare la sicurezza del continente

Non si può accusare Emmanuel Macron di aver fatto una gaffe. Il presidente francese non è stato frainteso, e le sue parole non sono state distorte. L’intervista che ha rilasciato al sito d’informazione europeo Politico.eu e al quotidiano francese Les Echos durante il suo viaggio in Cina è stata controllata parola per parola e approvata dall’Eliseo. Bisogna quindi concludere che Macron sia davvero convinto che per l’Europa il “pericolo più grande” sia farsi trascinare dagli Stati Uniti in un conflitto non suo con Pechino su Taiwan. Che l’Unione europea possa diventare una “superpotenza” indipendente invece di limitarsi a seguire Washington come un “vassallo”. Che sia stato un segno di genuino rispetto verso di lui, e quindi verso tutta l’Europa, la scelta cinese di cominciare le minacciose manovre militari intorno a Taiwan solo dopo la partenza del presidente francese.

Ovviamente Macron era serio, ma è difficile prenderlo sul serio. In ogni caso, nella sua intervista non ha presentato una visione strategica ragionevole, ma ha provocato un disastro generale.

Le sue parole sulla potenza di un’Europa autonoma, che dovrebbe mantenersi equidistante da Stati Uniti e Cina, non solo non erano state concordate con gli altri governi europei, ma rappresentano un attacco diretto all’unità europea e transatlantica. Macron ha pescato gli argomenti più ottusi e stantii dall’armadio del gollismo, sostenendo che gli europei devono liberarsi dal presunto eterno paternalismo statunitense. Con la sua intervista, il presidente francese ha seminato zizzania nel rapporto tra l’Europa e gli Stati Uniti e ha aperto una frattura tra gli europei. Non è facile riuscire a fare tutti questi danni con poche frasi.

L’analisi di base di Macron non è necessariamente sbagliata: in Europa ci sono dei paesi, tra cui la Germania, che non vogliono opporsi all’ascesa della Cina al ruolo di potenza globale con la stessa determinazione del presidente statunitense Joe Biden. Inoltre nessun grande stato europeo è favorevole al “distacco” da Pechino, giustamente considerato un suicidio economico. La più blanda strategia delineata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, secondo cui bisogna ridurre gradualmente il rischio di diventare troppo dipendenti dalla Cina nei settori strategici dell’economia, è un concetto così vago che può mettere d’accordo tutti senza produrre alcuna conseguenza.

Ma lo scetticismo dell’Europa nei confronti della linea dura di Biden sulla Cina non significa che nell’Unione europea ci sia il desiderio di allontanarsi da Washington invece che da Pechino. Le dichiarazioni di Macron riflettono la vecchia illusione francese secondo cui Parigi potrebbe riunire dietro di sé gli europei in modo che possano finalmente essere liberi e trovare il loro posto nel mondo, alla pari con Stati Uniti, Russia e Cina.

Il presidente ignora il fatto che molti paesi europei, soprattutto quelli dell’est, non hanno nessuna voglia di farsi liberare, e vedono il presunto giogo statunitense come una garanzia della loro sicurezza e sovranità. L’antiamericanismo non unisce l’Europa, ma la divide. Un legame stabile con gli Stati Uniti è un prerequisito per un’Europa forte, non un ostacolo.

L’invasione russa dell’Ucraina, che la Cina non ha mai condannato, ha cementato questa convinzione. La Nato guidata da Washington, che Macron aveva erroneamente definito “in stato di morte cerebrale” non molto tempo fa, è unita e ha appena accolto un nuovo paese. Senza gli aiuti militari americani, l’Ucraina non sarebbe più uno stato indipendente.

È quindi quasi imbarazzante per un presidente francese sostenere seriamente che gli Stati Uniti stanno trascinando l’Europa in un conflitto in Asia che non la riguarda, mentre i contribuenti americani stanno finanziando la resistenza dell’Ucraina con decine di miliardi di dollari. È sbagliato nella sostanza, perché ovviamente una potenza economica come l’Europa ha tutto l’interesse che l’Asia rimanga stabile e che la Cina non faccia a Taiwan quello che la Russia ha fatto all’Ucraina. E fa il gioco di quei politici statunitensi che da tempo chiedono che i ricchi europei si occupino dell’Ucraina da soli.

Prima del suo viaggio in Cina, Macron era già considerato un presidente sconfitto sul campo della politica interna. Ora ha anche certificato il fallimento della sua politica estera. ◆ gac

Süddeutsche Zeitung è uno dei principali quotidiani tedeschi. È stato fondato a Monaco nel 1945 ed è considerato un giornale progressista.

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1507 - 14 aprile 2023
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