Amado Uitzil non ha mai pensato che per essere felice avrebbe avuto bisogno della ferrovia. Nella penisola messicana dello Yucatán i contadini conducono una vita regolare. Uitzil ha 58 anni, vive a Kimbilá ed è di origine maya. Si alza all’alba, con il canto del gallo. Sua moglie, che indossa gli abiti maya con i tradizionali ricami colorati, gli scalda tortillas di mais e fagioli e prepara il caffè. Dopo la colazione Uitzil, un uomo asciutto e di bassa statura, va a lavorare la terra: lui e il fratello coltivano mais, fagioli e peperoncini. Non ha la connessione internet e sul suo appezzamento di terreno il cellulare non prende. Di notte dorme in una capanna di legno con il tetto fatto di rami di palma. “È una vita dura, ma non soffro la fame e sono padrone di me stesso”, dice.

Forse non lo sarà ancora per molto: sta per scontrarsi con il progresso, sotto forma della ferrovia che il presidente messicano populista e di sinistra Andrés Manuel López Obrador sta facendo costruire per consentire ai turisti di accedere al patrimonio culturale dei maya. I binari passeranno proprio nel terreno di Amado Uitzil.

Lavori per la ferrovia tra Tulum e Playa del Carmen, nello stato di Quintana Roo, aprile 2022 (Carlo Echegoyen, Afp/Getty Images)

Il mais dovrà lasciare il posto ai binari, e lo stesso dovranno fare gli alberi di cui Uitzil si prende cura per un programma statale di rimboschimento. Tutto questo contrasta profondamente con la concezione del mondo dei maya. L’imponente albero del kapok, per esempio, è per loro un simbolo sacro della vita: le sue radici profonde rappresentano l’oltretomba, il tronco il qui e l’ora e la chioma il mondo ultraterreno abitato dalle divinità. Ma il presidente messicano vuole costruire una linea ferroviaria proprio in questa zona. Ha promesso che porterà il benessere agli abitanti della regione, che non hanno case in muratura né un sistema fognario, guadagnano meno del salario minimo e spesso dopo le scuole elementari non proseguono gli studi.

Oltre a una raffineria e all’aeroporto, la ferrovia è una delle grandi opere con cui López Obrador vuole proiettare il Messico nel futuro. Si abbattono alberi al ritmo di uno al minuto e i bulldozer aprono varchi attraverso una delle ultime grandi foreste vergini del paese, spianando e livellando il terreno. Nel sud del Messico, intorno alla penisola dello Yucatán, saranno posati 1.500 chilometri di binari: durante il giorno i turisti sfrecceranno attraverso la giungla, passando davanti a piramidi maya e città coloniali, mentre di notte i treni merci trasporteranno prodotti nella metropoli turistica di Cancún.

Il cantiere non è ancora arrivato a Kimbilá, il villaggio dov’è nato Uitzil, ma la comunità si è già divisa sul progetto. Ezer Roboam, un antropologo di 32 anni, è contrario alla ferrovia. “Per avere il nostro appoggio al progetto, il governo ci promette il paradiso in terra: internet, posti di lavoro, turismo”, dice. “Ma io non ho mai capito perché per avere queste cose abbiamo bisogno del treno”.

Kimbilá è una comunità indigena. Secondo una convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro, per realizzare opere pubbliche nei territori dei popoli nativi bisogna prima consultare gli abitanti. Ma Roboam racconta che nell’agosto del 2021, quando lui avrebbe voluto esprimere le sue perplessità in una consultazione popolare, il presidente del consiglio comunale raccoglieva le firme a favore dell’opera offrendo in cambio dei soldi. Pare che gridasse: “Chi vuole ricevere l’equivalente di 200 euro si metta in fila qui”. Secondo Roboam “la partita era truccata”. Oltre a pagare chi era disposto a firmare, il governo offriva due assegni per un totale di 148mila euro per l’esproprio di 14 ettari di terreno della comunità, racconta Felipe May, 68 anni e proprietario di una lavanderia in paese. May ha accompagnato il sindaco quando è andato nella città di Mérida per incassare gli assegni. “Siamo tornati a Kimbilá con zaini pieni di contanti, scortati dalla guardia nazionale”, racconta . “Il sindaco ha chiamato subito a raccolta la gente per distribuire i soldi. Ma il giorno dopo ha detto di sentirsi male, ha preso lo zaino con i soldi e ha spostato la distribuzione a casa sua, senza annotare niente né rilasciare ricevute”. Non è più possibile stabilire se tutte le persone che ne avevano diritto hanno avuto quello che gli spettava.

Avanti a ogni costo

Secondo Uitzil non è un modo di fare corretto. “I nostri politici però sono sempre stati così”, afferma. Ma a disturbarlo ancora di più sono le persone che arrivano in paese per comprare i suoi terreni e quelli degli altri nativi. “Tutto questo non promette nulla di buono”, dice. Fa l’esempio di tante altre cose portate dai bianchi nel corso dei decenni: gli allevamenti di suini che hanno avvelenato le falde acquifere o i turisti che sfrecciano sulla superstrada, oltrepassando Kimbilá per andare a far festa negli hotel sulla spiaggia di Cancún. Nella regione sono arrivate le organizzazioni criminali che si scontrano per aggiudicarsi le migliori piazze del narcotraffico.

Finora i turisti si sono concentrati soprattutto sulla costa tra Cancún e Tulum, la cosiddetta Riviera maya, che contribuisce a rendere il Messico una delle mete turistiche più richieste al mondo. Nel 2019, prima della pandemia, 45 milioni di persone hanno visitato il paese: il settore turistico è la prima fonte di valuta estera del paese dopo le esportazioni di auto e le rimesse degli emigrati. Ad attirare i turisti nello Yucatán sono le spiagge di sabbia bianca con le palme e l’acqua turchese. A guadagnarci, però, sono tour operator stranieri, catene alberghiere internazionali e gestori messicani di discoteche e parchi dei divertimenti.

La piramide dell’indovino nel sito archeologico di Uxmal, dicembre 2021 (Artur Widak, NurPhoto/Getty Images)

“Vogliamo che i profitti arrivino anche alle zone interne dello stato e che i nativi possano sfruttare il plusvalore generato dal treno”, spiega Lilian González dell’ente per il turismo Fonatur, che insieme all’esercito gestisce il progetto ferroviario statale. Inizialmente la ferrovia aveva il sostegno perfino delle Nazioni Unite. Il programma per gli insediamenti umani Un-Habitat progettava avveniristiche città modello da costruire vicino alle 35 stazioni ferroviarie. Ma ormai non ne parla più nessuno e quando la Zeit ha chiesto il motivo, Un-Habitat non ha risposto.

La sede del Fonatur a Cancún è piena di foto patinate che mostrano l’avanzamento dei lavori e mappe con i sette segmenti del tracciato ferroviario. López Obrador vorrebbe inaugurare il treno Maya nel 2024, anno di campagna elettorale. Ma i lavori sono in ritardo: da quando sono cominciati, i costi sono saliti del 47 per cento e ora ammontano all’equivalente di 9,8 miliardi di euro. Inoltre il tracciato è stato modificato più volte, perché il presidente ha deciso di sua iniziativa di passare da 900 a 1.500 chilometri, l’esercito ha dovuto ultimare il nuovo aeroporto di Città del Messico e gli attivisti per l’ambiente e i nativi si sono rivolti ai tribunali. A novembre del 2021 López Obrador ha imposto per decreto alle amministrazioni coinvolte di ignorare che mancavano alcune autorizzazioni e che fossero in corso delle valutazioni sull’impatto ambientale dell’opera: i lavori dovevano andare avanti il più in fretta possibile.

L’attivista per l’ambiente Raúl Padilla è incredulo davanti a un varco aperto dai bulldozer nella foresta vergine, nell’entroterra di Playa del Carmen. In questo punto il tracciato ferroviario corre sopra le grotte carsiche (i cenotes). Si trovano ad appena un metro di profondità e potrebbero franare sotto il peso del treno.

Parole vaghe

Un giornalista investigativo messicano ha scoperto che alcune grotte sono già state riempite illegalmente con il cemento, ma il Fonatur smentisce le accuse. La ferrovia attraverserà otto riserve naturali, spiega Padilla: “La pressione sulle comunità aumenterà e prima o poi le concessioni per lo sfruttamento economico ed edilizio arriveranno”. È una previsione più che realistica: il treno di per sé non porterà enormi profitti, ha spiegato l’ex ministro dell’economia Carlos Urzúa, che si è dimesso a luglio del 2019. Sull’argomento esiste un parere della società di consulenze PwC, ma il governo non rende pubblici i risultati. Il Fonatur parla in modo vago di “un progetto socialmente redditizio”.

Ezer Roboam è arrabbiatissimo con il presidente. “Permette agli investitori di depredare il nostro paese e distruggere la nostra cultura”. Definire treno Maya quest’opera non è altro che cinica propaganda: “Lo stato ha sempre ignorato noi nativi, oggi come in passato”.◆ sk

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Questo articolo è uscito sul numero 1468 di Internazionale, a pagina 57. Compra questo numero | Abbonati