17 novembre 2005 00:00

Il presidente Bush vuole che nelle scuole si insegnino sia la teoria evoluzionista sia quella del disegno intelligente, “in modo che la gente sappia di cosa si discute”. Secondo i sostenitori del disegno intelligente, l’universo è troppo complesso per essersi sviluppato senza aver ricevuto una spintarella da un potere superiore.

Secondo i suoi critici, invece, il disegno intelligente è creazionismo (l’interpretazione letterale della Genesi) appena camuffato o semplicemente svuotato di contenuto, interessante quanto un “non capisco” o quanto un argomento scientifico prima che si riuscisse a comprenderlo. Perciò non può essere oggetto di “dibattito”.

Insegnare l’evoluzionismo negli Stati Uniti è sempre stato difficile. Ora c’è un movimento nazionale che vuole promuovere l’insegnamento del disegno intelligente nelle scuole. La questione è arrivata sui mezzi di informazione quando è stata affrontata in un’aula di tribunale a Dover, Pennsylvania: il consiglio scolastico locale aveva deciso che le tesi del disegno intelligente potevano essere esposte agli studenti durante l’ora di biologia; ma alcuni genitori che ci tengono alla separazione fra stato e chiesa hanno fatto causa al consiglio.

Forse chi scrive i discorsi del presidente dovrebbe prenderlo più sul serio anche quando gli fa dire che le scuole devono insegnare tutti i punti di vista. Finora, infatti, il programma scolastico non ha mai dato spazio a un punto di vista ovvio: quello del disegno maligno. Questa teoria – a differenza di quella del disegno intelligente, di cui non ci sono prove – ha molte prove empiriche: secondo almeno un criterio – cioè quello della crudeltà del mondo – ne ha di più dell’evoluzionismo darwinista.

Comunque, alla base dell’attuale polemica tra evoluzione e disegno intelligente c’è il diffuso rifiuto della scienza, un fenomeno che affonda le sue radici nella storia americana e che nell’ultimo quarto di secolo è stato sfruttato per meschini fini politici. Il disegno intelligente pone il problema se sia intelligente trascurare le prove scientifiche su temi di suprema rilevanza per la nazione e per il mondo come il riscaldamento globale.

Un conservatore all’antica confiderebbe negli ideali dell’illuminismo (razionalità, analisi critica, libertà d’espressione, libertà d’indagine) cercando di adeguarli alla società moderna. I padri fondatori, figli dell’illuminismo, credevano in quegli ideali e fecero del loro meglio per scrivere una costituzione che garantisse la libertà di culto, tenendo separati chiesa e stato. Gli Stati Uniti, nonostante l’occasionale messianismo dei suoi capi, non sono una teocrazia.

Oggi l’avversione dell’amministrazione Bush per l’indagine scientifica mette in pericolo il mondo. La catastrofe ambientale è una faccenda troppo seria perché la si ignori. In vista del vertice del G8 di quest’estate, le accademie scientifiche delle nazioni del G8 insieme a quelle di Cina, India e Brasile, hanno rivolto un appello ai capi dei paesi ricchi perché adottino tempestive misure sul riscaldamento globale. “È di vitale importanza che tutte le nazioni individuino le misure più utili per contribuire a una consistente e duratura riduzione delle emissioni globali di gas serra”, sosteneva l’appello.

Il Financial Times nel suo editoriale ha approvato l’allarme, rilevando: “C’è un punto di resistenza, che purtroppo risiede proprio nella Casa Bianca dove George W. Bush insiste a dire che non sappiamo ancora abbastanza su questo fenomeno che sta trasformando il pianeta”. Purtroppo è invalsa ormai l’abitudine di respingere le prove scientifiche, anche su questioni di vita o di morte, pur di allinearsi alle sentenze scientifiche di Bush.

Già qualche mese fa, alla riunione annuale del 2005 dell’American association for the advancement of science, i più autorevoli climatologi statunitensi hanno reso note le “prove più schiaccianti” finora raccolte contro le attività umane responsabili del riscaldamento globale. Hanno previsto importanti ripercussioni, tra cui gravi siccità nelle regioni che dipendono dalle acque di fusione delle nevi e dei ghiacciai.

Ma anche la pubblicazione delle “prove schiaccianti” ha avuto poca attenzione negli Stati Uniti, malgrado l’interesse suscitato in quegli stessi giorni dal protocollo di Kyoto, a cui proprio il governo di Washington rifiuta di aderire. È fondamentale sottolineare che si tratta del “governo”. L’abituale affermazione secondo cui gli Stati Uniti sono praticamente i soli a rifiutare il protocollo di Kyoto è corretta solo se l’espressione “Stati Uniti” esclude la popolazione del paese, che è decisamente pro-Kyoto (secondo un sondaggio fatto a luglio dal Program on international policy attitudes, il 73 per cento degli statunitensi è favorevole).

Forse la parola “maligno” è in grado di descrivere la noncuranza dimostrata verso un tema fin troppo scientifico come il cambiamento climatico. La “limpidezza morale” dell’amministrazione Bush si spinge fino a un solenne disprezzo per il destino dei nostri nipoti.

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