14 luglio 2015 16:50

1. Asian Dub Foundation, Fall of the house of cards
Beat globali, attitudine all’inkazzatura e l’inclinazione da cucina indiana a speziare tutto: drum’n’bass prodotto da Adrian Sherwood e versi di Rabindranath Tagore, il vibe di Bollywood e quello di Brick lane, i tabla e il nuovo flautista fenomeno, e qui pure una band ospite, i Gandu Circus di Calcutta, nuove energie e antiche fantasie da vampirizzare. E così la band che sventola il suo impegno dalla propria nicchia world punk dance alla confluenza di molte cose, continua a trasmettere irrequieta potenza anche nel nuovo album, More signal more noise.

2. Alpha Blondy, Maclacla macloclo
Ancheggiare a ritmo di reggae si può anche quando si canta di assassinat démocratique e affini, sul métro che da Parigi porta ad Abidjan, con fermate intermedie in Tunisia, Marocco, Congo e Giamaica. Lo dimostra la traiettoria poliglotta di questo veterano ivoriano dell’impegno, pigramente definito Bob Marley d’Africa, con la sua band Solar System, centrale di energia panafricana lungo tutto il nuovo album Positive energy, incline a sconfinare nello zouk e a scovare talenti giovani, fino a produrre un nettare di suoni più dolce del metallico caraibico.

3. Mbongwana Star, Kala
Un battito di tamburi From Kinshasa può avere ripercussioni sulla club life di Berlino. Qui due cantanti in sedia a rotelle (che provengono da baraccopoli come domicilio e uno zoo fatiscente come sala prove) sono colonizzati con grezza efficacia dall’irlandese a Parigi Liam Farrell (alias Doctor L), che imprime una svolta alla loro dance congolese scegliendo la via della tempesta elettronica, dell’eco di caverna digitale, della chitarra impunita grattugiata sopra il ritmo tribale. Altro che rispetto per le tradizioni: conta cavarne qualcosa di vivo e vibrante.

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Questo articolo è stato pubblicato il 9 luglio 2015 a pagina 86 di Internazionale, con il titolo “Vampire world”. Compra questo numero | Abbonati

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