I n Portogallo lo scorso 25 aprile, 50° anniversario della rivoluzione dei garofani, che mise fine alla dittatura, è stato segnato da un dibattito infuocato. In occasione delle commemorazioni in parlamento i rappresentanti di tre partiti di destra hanno attaccato il presidente della repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, che due giorni prima aveva dichiarato che il paese dovrebbe risarcire le vittime del suo passato schiavista. L’unica forza di destra che non ha criticato esplicitamente le parole del capo dello stato è stato il Partito socialdemocratico (Psd), attualmente al governo e guidato in passato proprio da Rebelo.

Anche se il Portogallo ha avuto un ruolo importante nel traffico transatlantico degli schiavi, trasportando quasi sei milioni di africani destinati ai lavori forzati (più di qualsiasi altro stato europeo), nella società portoghese l’argomento è ancora tabù.

Dopo aver dichiarato che “la storia non è un debito”, il leader di Iniziativa liberale Rui Rocha ha criticato l’idea dei risarcimenti: “Chi sostiene che dovremmo risarcire qualcuno per il nostro passato attenta agli interessi del paese, si riduce a portavoce di settarismi importati e non adempie al suo ruolo di rappresentare la maggioranza dei portoghesi”. L’attacco più forte è arrivato dal leader del partito di estrema destra Chega, che ha accusato il presidente di agire come un traditore della patria. “Pagare per cosa? E a chi?”, ha tuonato André Ventura. “Siamo stati in tutto il mondo e oggi c’è un’anima portoghese ai quattro angoli del pianeta!”.

Una storia difficile

Rebelo ha pronunciato le sue frasi controverse la sera del 23 aprile, in occasione di un incontro con i giornalisti dell’Associazione della stampa estera, dicendo che il paese “si assume tutta la responsabilità” per gli errori del passato. “Ci sono azioni che non sono state punite e colpevoli mai individuati? Ci sono beni trafugati e mai restituiti? Dobbiamo trovare il modo di rimediare”, ha sottolineato Rebelo, senza scendere nei dettagli in merito ai risarcimenti. In Portogallo il presidente non ha poteri esecutivi, ma può stimolare il dibattito pubblico sulle responsabilità del paese. Alcuni esponenti del governo, guidato dal socialdemocratico Luís Montenegro, non hanno gradito la tempistica. Il messaggio del presidente, infatti, ha coinciso con l’arrivo a Lisbona dei capi di stato di tutte le ex colonie portoghesi in Africa per l’anniversario della rivoluzione. Secondo il settimanale portoghese Expresso, un esponente del governo ha definito le parole di Rebelo inopportune e potenzialmente nocive per la collaborazione con gli stati africani.

Nonostante queste reazioni, Rebelo (che in passato è stato ministro dei territori d’oltremare, come erano state ribattezzate le colonie) non ha affrontato l’argomento nel discorso pronunciato in parlamento il 25 aprile, come invece aveva fatto nel 2023. La possibilità di accordare risarcimenti è rimasta fuori anche dal suo intervento alla cerimonia che ha riunito i leader delle ex colonie portoghesi che hanno ottenuto l’indipendenza (o la cui indipendenza è stata riconosciuta dal Portogallo) dopo la fine della dittatura.

Il presidente dell’Angola João Lourenço ha invece usato parole particolarmente dure sul passato coloniale portoghese: “Noi popoli africani colonizzati lottiamo dal quattrocento contro la schiavitù e il saccheggio delle nostre ricchezze, contro gli abusi commessi per secoli dal regime colonialista nei confronti del nostro popolo. Lottiamo per la nostra dignità di esseri umani e per il diritto a essere padroni del nostro destino”. ◆ as

Da sapere

◆ Il 25 aprile 1974 un colpo di stato militare destituì Marcelo Caetano, successore del dittatore António de Oliveira Salazar.

◆Tra i territori che Lisbona controllava a partire dal quattrocento e che ora fanno parte di 53 paesi ci sono le Azzorre, Capo Verde e São Tomé e Príncipe nell’oceano Atlantico; Cochin, Goa e Colombo nel subcontinente indiano; Macao e Nagasaki in Asia orientale; Mozambico, Guinea-Bissau e Angola in Africa; Brasile in America Latina. World History Encyclopedia


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Questo articolo è uscito sul numero 1561 di Internazionale, a pagina 27. Compra questo numero | Abbonati