Con Piccole donne rosse, Marta Sanz chiude il suo ciclo di romanzi con il detective Arturo Zarco. È un romanzo su una fossa comune ai tempi della guerra civile spagnola. C’è una donna, Paula Quiñones, già incontrata in altri romanzi di questa serie, che cerca di localizzare queste tombe; c’è un hotel inquietante; c’è una famiglia sospettata di atrocità. C’è un informatore, c’è un crimine avvenuto qualche tempo prima. C’è il detective Arturo Zarco, l’ex marito di Paula, che è citato in questo romanzo ma non vi compare. Come fa Marta Sanz a trasformare tutto questo materiale umano e storico in un romanzo di alto livello estetico? Costruisce voci, quelle delle persone coinvolte nell’indagine di Paula; costruisce spazi concreti e mentali; decostruisce i discorsi che intersecano quelle voci, esponendo le zone oscure del romanzo. E, soprattutto, espone con drammatica lucidità la meccanica e la scrittura stessa del romanzo. Il suo fare diventa autocosciente. Tutto porta allo smarrimento, alle biforcazioni. Come se ci dicesse che questo è l’unico modo per essere trasparenti nel raccontare una storia così terribilmente opaca.
J. Ernesto Ayala-Dip, El País

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Questo articolo è uscito sul numero 1451 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati