Yasmina Reza (picture alliance/Alamy)

Il suo virtuosismo è così grande che può permettersi di fare qualsiasi cosa. Anche provocare un violento litigio tra un fratello e una sorella ai piedi di un vagone piombato a Birkenau, senza che ci sia una buona ragione. Yasmina Reza è così, osa perfino scatenare la risata nervosa di un’insegnante di storia e geografia nel bel mezzo di un campo di sterminio, o mescolare un incubo in cucina con una tragedia universale. Questa stella della letteratura, conosciuta soprattutto per il suo dramma Il dio del massacro (Adelphi 2011), continua a eseguire la sua danza acrobatica e leggera sull’orlo dell’abisso. Con lei è vietato piangere o usare un tono grave. La morte di un padre e di una madre si trasforma in una scena comica feroce e divertente. Gli operatori turistici che guidano i visitatori nei campi di concentramento le ispirano battute da teatro dell’assurdo. Il protagonista di questo romanzo si chiama Jean, ed è il portavoce dei tre fratelli di cui si raccontano la cocciutaggine e i dissapori. Serge è il fratello maggiore e dà il titolo al libro. In mezzo ai due c’è Anne, alias Nana, sposata con Ramos. La solidità della loro coppia è un’eccezione, perché gli altri due fratelli hanno vite amorose disastrose. Tutti e tre hanno figli che crescono mentre i loro nonni di origini viennesi sono colpiti dalla malattia. I Popper, ebrei non praticanti della classe media, si amano tanto quanto bisticciano. La zizzania è uno degli elementi che li unisce. Serge non perde mai l’occasione di seminarla. Esasperante e doloroso allo stesso tempo, corre dietro ai soldi e si nutre di ansiolitici, ma soprattutto rovina tutto ciò che incontra sul suo cammino. È scaricato dall’ennesima donna con cui ha vissuto e che ha tradito. Non capisce la figlia adolescente. Disprezza il marito di sua sorella. Riesce a litigare perfino con il suo devoto fratello Jean. Eppure, nonostante il peso della sfortuna che hanno ereditato e la loro incapacità di essere felici, “saremo sempre i tre bambini Popper”. Questo è ciò che pensa Jean alla fine di un romanzo tenebroso e brillante allo stesso tempo. Questo è il valore del libro di Yasmina Reza.
Jérôme Garcin, L’Obs

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Questo articolo è uscito sul numero 1452 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati