Concepita con lo sperma trafugato del padre incarcerato Nuwar (un combattente per la libertà o un terrorista, a seconda dei punti di vista), l’adolescente palestinese Amira (Tara Abboud) gode dello status di “figlia dell’eroe”. Ma tutto cambia quando il tentativo di concepire un secondo figlio con lo stesso sistema fallisce e si scopre che il padre di Amira è sterile. La premessa è quantomeno curiosa, ma inaspettatamente l’acclamato regista egiziano Mohamed Diab la sciupa con uno stridente tono melodrammatico e una gestione piuttosto rozza dei temi che il film può sollevare. Perché dopo la rivelazione che Nuwar non è il padre biologico della ragazza, i riflettori si spostano sulla madre Warda e sulla stessa Amira, in qualche modo colpevole della vergogna che deve affrontare la famiglia.
Wendy Ide, Screen International

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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati