“Questo non è un crimine”, ha titolato in prima pagina L’Orient-Le Jour il 4 agosto pubblicando un’edizione speciale, come molti altri giornali libanesi, in occasione del terzo anniversario dell’enorme esplosione che nel 2020 ha devastato la capitale libanese, uccidendo almeno 220 persone. “Tre anni dopo la doppia esplosione al porto di Beirut, l’inchiesta è a un punto morto. E la giustizia promessa ‘in cinque giorni’ dall’ex capo di stato, Michel Aoun, non c’è ancora stata”. Il quotidiano ricorda che la classe dirigente, soprattutto il partito filoiraniano Hezbollah, ha cercato in ogni modo di ostacolare l’inchiesta, sospesa da febbraio, sullo scoppio di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio custodite per anni in un deposito al porto di Beirut. Il giudice incaricato delle indagini, Tarek Bitar, è bersaglio di una “campagna d’odio” e ogni volta che cerca di portare avanti il suo lavoro è fermato dalle manovre e dalle pressioni dei politici. “Nessun processo in vista, neanche una persona dietro le sbarre. Un nuovo crimine impunito in un paese che ne conta tanti”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1525 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati