“Le elezioni presidenziali dell’8 febbraio non hanno messo fine a una fase di stallo politico che ha ridotto il governo del Pakistan a un baraccone e costretto la stagnante economia nazionale a ricorrere all’aiuto del Fondo monetario internazionale”, scrive la storica pachistana Ayesha Jalal su Nikkei Asia. I candidati vicini al Pti, il partito dell’ex primo ministro Imran Khan, che si trova in carcere, hanno ottenuto il maggior numero di seggi in parlamento, ma nessun partito ha la maggioranza assoluta. Così la Lega musulmana del Pakistan (Pml-N) di Nawaz Sharif ha raggiunto un accordo con il Partito popolare pachistano (Ppp), guidato da Bilawal Bhutto Zardari, e alcune formazioni minori per formare un governo di coalizione. I due partiti nell’aprile 2022 avevano estromesso dal potere Khan con una mozione di sfiducia. Il blocco di internet il giorno del voto e la lentezza nello spoglio delle schede hanno alimentato i sospetti di brogli per danneggiare il Pti . Dal carcere Khan ha annunciato che il suo partito presenterà ricorso alla corte suprema contro i brogli.

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Questo articolo è uscito sul numero 1550 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati